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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per uso di atto falso. Gli argomenti del ricorrente, inclusa la prescrizione, sono stati ritenuti manifestamente infondati in quanto mera ripetizione di motivi già respinti in appello. La Corte ha sottolineato che la gravità del reato, lesivo della pubblica fede, impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi presentati sono una mera ripetizione di argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti. Il caso riguarda una condanna per uso di atto falso, dove l’imputato ha tentato di contestare la sentenza di appello sollevando questioni come la prescrizione e la configurabilità del reato, senza però introdurre nuovi e validi elementi di critica. Analizziamo insieme la decisione della Suprema Corte e le sue implicazioni.

I fatti del caso: l’uso di un documento falso

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di uso di atto falso, previsto dagli articoli 477, 482 e 489 del codice penale. La condotta contestata riguardava l’utilizzo di un documento non autentico nel contesto di un corso finalizzato al conseguimento della patente di guida. Avverso la sentenza della Corte di Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro motivi principali: l’avvenuta prescrizione del reato, la non configurabilità del reato stesso, la mancanza dell’elemento psicologico e, infine, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla validità del ricorso stesso. La Corte ha ritenuto che i motivi proposti fossero manifestamente infondati e, in gran parte, una pedissequa reiterazione di quanto già esaminato e respinto dalla Corte di Appello. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché il ricorso è risultato inammissibile

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali, che hanno portato a considerare il ricorso come meramente apparente e non idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione.

L’eccezione di prescrizione

Il primo motivo, relativo alla prescrizione del reato, è stato giudicato infondato. La Corte ha effettuato un calcolo preciso, stabilendo che il termine massimo di prescrizione (7 anni e 6 mesi) sarebbe maturato solo dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado. Inoltre, ha specificato che un ricorso non può essere basato unicamente sulla prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata se è privo di altre valide censure. Un ricorso del genere è considerato inammissibile perché viola il criterio di specificità dei motivi richiesto dalla legge.

La reiterazione dei motivi di appello

Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono stati accomunati da un vizio di fondo: la mancanza di specificità. Essi non contenevano una critica argomentata contro la sentenza della Corte di Appello, ma si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in quella sede. La giurisprudenza costante della Cassazione considera tali motivi come apparenti, in quanto non assolvono alla funzione tipica dell’impugnazione, che è quella di contestare in modo puntuale le ragioni della decisione del giudice precedente.

L’inapplicabilità della non punibilità per tenuità del fatto

In merito alla richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., la Corte territoriale aveva già fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta, ritenuta esente da vizi. La Corte di Appello aveva considerato il fatto non particolarmente tenue a causa dell’effettiva gravità della lesione alla pubblica fede e dell’importanza oggettiva di partecipare a un corso per il conseguimento di una patente. La riproposizione di tale motivo in Cassazione, senza una critica specifica alla motivazione della Corte di merito, è stata quindi giudicata infondata.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre all’infinito le stesse argomentazioni. Per essere ammissibile, un ricorso deve contenere motivi specifici che critichino puntualmente le violazioni di legge o i vizi di motivazione della sentenza impugnata. La presentazione di un ricorso inammissibile, basato su motivi generici o ripetitivi, non solo non porta all’annullamento della condanna, ma comporta anche ulteriori costi per il ricorrente, come le spese processuali e una sanzione pecuniaria. La decisione sottolinea inoltre la serietà con cui l’ordinamento tutela la pubblica fede, escludendo sconti di pena per condotte che, seppur apparentemente minori, minano la fiducia collettiva in atti e documenti ufficiali.

Si può presentare un ricorso in Cassazione solo per far valere la prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è inammissibile un ricorso proposto unicamente per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata, se il ricorso stesso è privo di altre valide doglianze.

Un ricorso che ripete gli stessi motivi già respinti in appello è valido?
No, un ricorso che si limita a reiterare pedissequamente motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito è considerato non specifico, soltanto apparente e, di conseguenza, manifestamente infondato e inammissibile.

L’uso di un atto falso per ottenere la patente può essere considerato un fatto di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
No, secondo la Corte, l’effettiva gravità della lesione arrecata alla pubblica fede e l’importanza oggettiva di partecipare a un corso per conseguire una patente non consentono di considerare il fatto come particolarmente tenue e, quindi, escludono l’applicazione della causa di non punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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