Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31821 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31821 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME nato a LENTINI il 05/10/1989 avverso la sentenza del 16/10/2024 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui al capo d) delle imputazioni (art. 81 comma 2, art. 697 cod. pen.), confermando la condanna per i reati di cui agli artt. 648, 81 comma 2, cod. pen., 2 e 7 della legge n. 895 del 1967 e ha rideterminato la pena in anni due di reclusione ed euro 2.400,00 di multa.
2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi di ricorso, di seguito enunciati secondo il disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e l’illogicità manifesta della motivazione, in tema di valutazione della prova indiziaria, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen. e con riferimento alla regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. In particolare, il ricorrente ha eccepito l’insussistenza di elementi indiziari dai quali trarre la sussistenza di un rapporto di materialità tra il reato contestato e l’imputato non avendo, peraltro, la Corte d’appello preso in considerazione le dichiarazioni rese nell’immediatezza al personale di polizia giudiziaria al momento del ritrovamento della pistola; ha dedotto, poi, la illogicità della sentenza in quanto l’imputato nonostante la perquisizione negativa ha dato indicazioni agli agenti operanti per far ritrovare la pistola nel giardino antistante la propria abitazione; da ciò conseguirebbe che non sussisterebbe alcuna volontà del ricorrente di detenere l’arma ritrovata fuori della propria abitazione.
Si Ł, altresì, eccepito che la Corte territoriale ha omesso di motivare sul primo motivo di
appello con il quale era stata chiesta l’assoluzione del ricorrente non essendo stata disposta la perizia sulla funzionalità dell’arma, nØ risultando se questa fosse effettivamente quella sottratta all’Assistente dei Carabinieri, sicchØ era rimasto indimostrato che il ricorrente fosse a conoscenza della provenienza illecita o che vi fosse la volontà di occultare l’arma cancellandone la matricola. Il ricorrente ha, poi, dedotto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., la sussistenza di una motivazione apparente e contraddittoria in relazione all’art. 99 cod. pen.La difesa ha dedotto la necessità di una rivalutazione piø attenta degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., in quanto i giudici di merito hanno applicato la recidiva semplice, non adducendo alcuna ragionevole giustificazione, limitandosi a richiamare i risalenti precedenti penali (una del 2009 e una del 2010), non valorizzando il comportamento collaborativo del ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha, inoltre, rilevato, ai sensi dell’art. 606, coma 1, lett. b) cod. proc. pen. l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 133, 62 bis e 81 cod. pen.
La difesa ha eccepito la mancata applicazione delle attenuanti generiche in termini di prevalenza rispetto alla contestata aggravante, avendo la Corte territoriale trascura un elemento essenziale e cioŁ che il ricorrente ha offerto un contributo essenziale nel ritrovamento dell’arma ed ha tenuto un comportamento ineccepibile in tutte le fasi del procedimento.
Infine, la difesa ha dedotto che il giudice di appello al fine di formulare il calcolo della pena, omesso dal primo giudice, ha richiamato il reato di ricettazione ai fini dell’aumento in continuazione non motivando sulla commisurazione della pena finale.
3.Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile, per le ragioni di seguito indicate.
2.Con il primo motivo, il ricorso propone deduzioni assertive che non si confrontano con l’intero quadro indiziario, puntualmente descritto nella sentenza di primo grado e in quella di appello a sostegno dell’affermazione della responsabilità del ricorrente. Nella fattispecie si Ł, infatti in presenza di una cd. doppia conforme le cui argomentazioni si saldano tra loro costituendo un unico corpo decisionale, rispetto al quale la doglianza appare generica, limitandosi, peraltro, a reiterare il motivo di appello sul quale la sentenza impugnata ha puntualmente risposto. A tal riguardo deve ribadirsi che Ł inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01).
La sentenza impugnata, infatti, richiama la decisione di condanna di primo grado dando conto, con motivazione esaustiva, della sussistenza della gravità indiziaria dei reati di ricettazione e detenzione della pistola sottratta al poliziotto, fornendo precisi elementi a sostegno della riconducibilità della detenzione della pistola al COGNOME.
La disponibilità dell’arma da parte del ricorrente Ł, infatti, motivata alla luce delle dichiarazioni spontanee dell’Ossino, poi ribadite in occasione dell’interrogatorio di garanzia, delle rilevazioni del GPS che confermano che l’Ossino – reo confesso del furto dell’arma – si Ł portato, il giorno del furto presso l’abitazione della persona alla quale (come risulta dalla
intercettazione telefonica) aveva venduto la pistola per tentare di recuperarlae per restituirle i soldi, dal momento che si era reso conto che l’arma era di un poliziotto; tale abitazione indicata dall’Ossino Ł risultata essere quella in cui abita il COGNOME, il quale a sua volta ha indicato dove poter rinvenire la pistola.
Pertanto, nella sentenza censurata non Ł riscontrabile alcuna violazione in ordine ai criteri di valutazione della prova indiziaria, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.
2.1. Alle medesime conclusioni di inammissibilità deve pervenirsi in relazione alla deduzione avente ad oggetto l’omessa risposta dai giudici di appello sulla necessità della perizia per verificare la funzionalità dell’arma, attesa la certezza dell’appartenenza dell’arma al poliziotto.
¨ ben vero che il Giudice di secondo grado non ha fornito alcuna motivazione al riguardo, tuttavia, deve rilevarsi che tale richiesta non rispondeva ai canoni di ammissibilità attesa la mancata specificazione delle ragioni della necessità della perizia a fronte della raggiunta certezza dell’appartenenza dell’arma al poliziotto cui era stata sottratta, come risultante dal verbale di perquisizione e di cui si dà atto nella sentenza di primo grado.
In relazione a tale profilo deve, dunque, ribadirsi il principio, di costante affermazione giurisprudenziale, in forza del quale in tema d’impugnazioni Ł inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le molte, Sez. 6, n. 47222 del 6/10/2015, Arcone, Rv. 265878).
2.2. Altresì inammissibile Ł il motivo di ricorso con cui Ł stata dedotta l’assenza di motivazione sulle ragioni della applicazione della recidiva, in quanto la sentenza impugnata ha evidenziato la sussistenza del precedente specifico costituito da una sentenza di condanna per ricettazione, nonchØ la portata non rilevante del comportamento del ricorrente in quanto solo parzialmente collaborativo, sicchØ pur non rinvenendosi una espressa argomentazione sulla applicazione dell’aggravante, deve rilevarsi che le ragioni della sua applicazione possono trarsi dalla complessiva struttura argomentativa sul punto risultante dalle due decisioni di merito ed evidenziate appena sopra (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500 – 01).
2.3. Per analoghe ragioni deve concludersi con riferimento alla deduzione avente ad oggetto il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche secondo un giudizio di prevalenza rispetto alla circostanza aggravante della recidiva, atteso che la sentenza censurata dà conto di ciò evidenziando di condividere e dunque facendole proprie, le riflessioni sul punto contenute nella decisione di primo grado, la quale ha rilevato come il ricorrente abbia posto in essere un comportamento poco collaborativo tentando di dissimulare la propria responsabilità. Sotto tale profilo deve evidenziarsi che i giudici di merito hanno posto a fondamento del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche il comportamento collaborativo dell’imputato realizzato attraverso l’indicazione del luogo in cui l’arma era rinvenibile, ciò non priva di correttezza il ragionamento dei giudici lì dove hanno ritenuto che il tentativo di dissimulare la propria responsabilità, alla luce delle chiare evidenze investigative, non potesse giustificare il richiesto giudizio di prevalenza.
Peraltro, fermo quanto precede, va altresì ricordato che, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio
o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
2.4. Infine, infondato Ł anche il motivo concernente la mancata motivazione in ordine alla commisurazione della pena in quanto, posto che la pena base deve ritenersi calcolata sul reato di cui all’art. 648 cod. pen., correttamente indicato come piø grave rispetto al reato di cui al capo c – essendo evidente la mera svista con riferimento alla indicazione delle lettere delle imputazioni, non essendo contestato al Brunno alcun reato contrassegnato dalla lettera a) – i giudici di appello hanno applicato un esiguo aumento per la continuazione con ciò non rendendosi necessario una motivazione specifica e dettagliata qualora individuino aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Rv. 284005).
In conclusione alla luce delle esposte argomentazioni il ricorso Ł inammissibile. Alla pronuncia di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME