Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come funziona il giudizio in Corte di Cassazione e delinea i limiti entro cui un condannato può impugnare una sentenza. Al centro della vicenda vi è il concetto di ricorso inammissibile, un esito che si verifica quando l’impugnazione non presenta vizi di legittimità, ma tenta piuttosto di ottenere una nuova valutazione del merito della causa, compito che non spetta alla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace di Perugia al pagamento di una multa di settemila euro. Il reato contestato era quello previsto dall’art. 14, comma 5-ter del Testo Unico sull’Immigrazione, ovvero l’essersi trattenuto nel territorio nazionale senza un giustificato motivo, violando un ordine di allontanamento emesso dal Questore.
Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo legale, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e vizi di motivazione. In sostanza, contestava sia la sussistenza del reato sia l’adeguatezza della pena inflitta, sostenendo che le sue argomentazioni difensive non erano state correttamente valutate.
La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Questo significa che il suo compito non è quello di ricostruire i fatti o di valutare nuovamente le prove, ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
L’impossibilità di una nuova valutazione dei fatti in Cassazione
I giudici hanno osservato che i motivi del ricorso si concentravano su una riconsiderazione degli elementi fattuali. La difesa, ad esempio, aveva addotto l’impossibilità economica di acquistare un biglietto aereo come giustificazione per la permanenza in Italia. Tuttavia, il Giudice di Pace aveva già esaminato e superato questa tesi, fornendo una motivazione ritenuta dalla Cassazione né illogica né contraddittoria. Le doglianze dell’imputato, quindi, non denunciavano un errore di diritto, ma miravano a ottenere una diversa interpretazione dei fatti, cosa preclusa in sede di legittimità.
La discrezionalità del Giudice sul trattamento sanzionatorio
Anche la censura relativa alla pena è stata respinta. La Corte ha ribadito che la determinazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, se esercitato in modo logico e coerente, non è sindacabile in Cassazione. Nel caso specifico, la pena inflitta era peraltro prossima al minimo previsto dalla legge, rendendo la critica della difesa ancora più debole.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte è netta: il ricorso è fondato su censure non consentite. Invocare una “rivalutazione inerente a dati fattuali” equivale a chiedere alla Cassazione di agire come un terzo grado di giudizio di merito, snaturando la sua funzione. La sentenza del Giudice di Pace aveva ricostruito in modo dettagliato gli elementi di prova della permanenza illegale del soggetto e aveva logicamente confutato le giustificazioni addotte. Gli argomenti difensivi, secondo la Corte, erano finalizzati unicamente a provocare una “non consentita riconsiderazione di elementi fattuali”, motivo per cui il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un’importante lezione processuale: un ricorso in Cassazione deve basarsi su solidi motivi di diritto, come l’errata interpretazione di una norma o un vizio logico palese nella motivazione, e non può essere utilizzato come un’ultima speranza per rimettere in discussione i fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
La difficoltà economica a comprare un biglietto aereo è una giustificazione valida per non rispettare l’ordine di espulsione?
Secondo quanto emerge dalla decisione, il giudice di merito aveva già valutato e respinto questa giustificazione, considerandola non sufficiente a scagionare l’imputato. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa valutazione né illogica né contraddittoria e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17111 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17111 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
KERIMU ARUNA (CUI: CODICE_FISCALE) nato il 01/01/1990
avverso la sentenza del 21/10/2024 del GIUDICE COGNOME di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di pace di Perugia ha dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 14 comma 5-ter ultima ipotesi d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – per essersi trattenuto in Italia, senza giustificato moti violazione dell’ordine impartitogli e notificatogli dal Questore di Perugia in data 28/04/20 mediante il quale veniva data esecuzione al decreto di espulsione emesso, in pari data, dal Prefetto della Provincia di Perugia – e per l’effetto, previo riconoscimento delle circosta attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di euro settemila di multa.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso, tramite l’avv. NOME COGNOME deducendo tre motivi, tutti incentrati sulla sussistenza di una violazione di legge e di vizi d motivazione, rispettivamente in relazione all’applicazione dell’art. 14 comma 5-ter T.U. imm. e alla mancata assoluzione dell’imputato, nonché, infine, al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile, in quanto fondato su censure non consentite, invocandosi, invero, una rivalutazione inerente a dati fattuali, precipuamente attinenti alla ricostruz storica e oggettiva della vicenda. La sentenza ricostruisce dettagliatamente gli elementi grazie ai quali si è ritenuta raggiunta la prova circa la permanenza del soggetto in territorio naziona all’indomani della scadenza del termine assegnatogli per abbandonarlo; alcuna giustificazione, al momento, è stata fornita dall’imputato. Si sono anche scandagliate tutte le argomentazioni addotte a discolpa (segnatamente, la dedotta impossibilità di reperire denaro sufficiente, pe acquistare il biglietto aereo); tali deduzioni a discarico sono state superate dal Giudice di pa con motivazione né illogica, né contraddittoria. Gli appunti difensivi, al contrario, sono final unicamente a provocare una non consentita riconsiderazione di elementi fattuali.
Quanto agli aspetti inerenti al trattamento sanzionatorio, essi rientrano nel poter discrezionale del giudice di merito e – laddove tale potere risulti esercitato congruamente logicamente ed anche in coerenza con il generale principio di diritto, secondo il quale l’oner motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen. – tale valutazione si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazio in fatto di elementi già oggetto di considerazione, ovvero la valorizzazione di dati che assumano essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato. Nel caso di specie, peraltro, la pena inflitta è prossima al minimo edittale
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 03 aprile 2025.