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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per un reato contro il patrimonio. Gli argomenti del ricorrente sono stati giudicati come una mera ripetizione di quelli già respinti in appello, confermando così la condanna per l’acquisto fraudolento di un bene con un assegno contraffatto.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando Ripetere gli Stessi Motivi in Cassazione è Inutile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile in Cassazione possa derivare dalla semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. In questo caso, un individuo condannato per una truffa legata all’acquisto di una bicicletta elettrica ha visto il suo ricorso respinto proprio per questo motivo.

I Fatti alla Base della Condanna

La vicenda processuale ha origine da una transazione online. L’imputato, dopo aver risposto a un annuncio per la vendita di una bicicletta elettrica, concludeva l’accordo per l’acquisto. Il pagamento avveniva tramite un assegno circolare che, solo in un secondo momento, si rivelava essere contraffatto. Subito dopo aver preso possesso del bene, l’acquirente si rendeva irreperibile, disattivando l’utenza telefonica fornita al momento dello scambio. Questo comportamento ha costituito, secondo i giudici di merito, una condotta truffaldina pienamente integrata, portando alla condanna dell’imputato.

Analisi del ricorso inammissibile in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava l’affermazione di colpevolezza in assenza di prove considerate ‘certe’.
2. Mancato riconoscimento del vincolo della continuazione: Si lamentava la mancata applicazione dell’istituto della continuazione tra il reato in oggetto e un altro precedentemente giudicato da un diverso tribunale.

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili. Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno sottolineato come le censure fossero una mera riproduzione di quelle già presentate e adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello. La Corte ha ricordato che le sentenze di primo e secondo grado, quando concordi, formano un ‘unico complessivo corpo argomentativo’, la cui coerenza e logicità non può essere messa in discussione in sede di legittimità se non per vizi palesi, qui non riscontrati.

Anche il secondo motivo è stato giudicato reiterativo e infondato. La Corte d’Appello aveva già spiegato, con argomenti logici e giuridici, le ragioni per cui non era possibile ravvisare un’unicità del disegno criminoso tra i due delitti, una valutazione di merito che la Cassazione non può riesaminare.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte fonda la sua decisione sul principio consolidato che impedisce di trasformare il giudizio di Cassazione in un terzo grado di merito. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non presentava vizi di legittimità (come l’errata applicazione di una norma o una motivazione manifestamente illogica), ma si limitava a riproporre le stesse questioni di fatto già vagliate e decise. La Corte ha ritenuto che la piattaforma probatoria accusatoria, che aveva portato alla condanna, non fosse stata scalfita dagli assunti difensivi e che la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito fosse insindacabile in quella sede. La condotta dell’imputato, che includeva non solo l’uso dell’assegno falso ma anche il rendersi irreperibile, è stata considerata un quadro probatorio solido a sostegno della condanna per truffa.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un’importante lezione processuale: un ricorso per cassazione deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non sulla speranza di ottenere una nuova valutazione delle prove. La riproposizione pedissequa dei motivi d’appello è una strategia destinata al fallimento e conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione rafforza la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legittimità e non del fatto.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproduzione delle censure già proposte con l’atto di appello e già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte territoriale. Non si trattava di vizi di legittimità, ma di un tentativo di riesaminare il merito della vicenda.

Qual era la condotta che ha portato alla condanna?
L’imputato è stato condannato per aver risposto a un annuncio online per una bicicletta elettrica, averla acquistata usando un assegno circolare risultato contraffatto e essersi poi reso irreperibile, disattivando il numero di telefono fornito al venditore.

La Corte ha considerato il collegamento con un altro reato?
Sì, il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento del vincolo della continuazione con un altro delitto. Tuttavia, la Corte ha ritenuto inammissibile anche questo motivo, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva già respinto la richiesta, sottolineando l’assenza di un’unicità del disegno criminoso tra i due fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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