Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta a Motivi Ripetitivi
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una seconda opportunità per ridiscutere i fatti. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce con forza questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile perché si limitava a riproporre questioni già ampiamente trattate e decise dalla Corte d’Appello. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze di un’impugnazione non fondata su vizi di legge.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bari. L’imputato, ritenuto colpevole di reati legati agli stupefacenti e alla resistenza, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il suo ricorso si basava su tre motivi principali:
1. Una diversa interpretazione sulla destinazione della sostanza stupefacente ritrovata.
2. La tesi della cosiddetta “resistenza passiva” per contestare l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale.
3. Una critica alla valutazione della recidiva, sostenendo che i precedenti penali fossero troppo datati per giustificare un aggravamento della pena.
L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di riesaminare le valutazioni di merito già effettuate dai giudici dei gradi precedenti.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione è stata netta: i motivi presentati non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità. Di conseguenza, la condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il ricorso inammissibile è stato respinto
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella natura dei motivi proposti. I giudici hanno sottolineato che il ricorso era “meramente riproduttivo” di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito. In altre parole, l’imputato non ha sollevato questioni sulla corretta applicazione della legge, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti.
La Corte ha specificato che la sentenza d’appello aveva già affrontato in modo esauriente tutti i punti sollevati:
* Destinazione dello stupefacente: Le pagine 9 e 10 della sentenza impugnata spiegavano chiaramente perché le argomentazioni della difesa non erano accoglibili.
* Resistenza passiva: Le pagine 11 e 12 fornivano una ricostruzione dettagliata della vicenda, smontando la tesi difensiva.
* Recidiva: Le pagine 12 e 13 motivavano adeguatamente la valutazione della recidiva, confutando l’argomento della “notevole risalenza” dei precedenti.
Poiché il ricorso non introduceva nuove critiche di legittimità ma si limitava a un sterile “copia e incolla” delle doglianze già respinte, è stato ritenuto privo dei requisiti necessari per essere esaminato nel merito, configurandosi così come un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: il giudizio in Cassazione non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici delle corti inferiori. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali.
La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi intende presentare ricorso in Cassazione deve concentrarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto (violazione di legge o vizi di motivazione) commessi nella sentenza impugnata. Limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni fattuali non solo è inutile, ma è anche controproducente. La dichiarazione di inammissibilità, infatti, comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese e una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del condannato.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, ad esempio quando si limitano a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito, senza sollevare reali questioni sulla corretta applicazione del diritto.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Cosa significa che i motivi del ricorso erano ‘meramente riproduttivi’?
Significa che l’imputato, nel suo ricorso, non ha presentato nuove critiche giuridiche alla sentenza d’appello, ma si è limitato a ripetere le stesse argomentazioni difensive (relative a stupefacenti, resistenza e recidiva) che la Corte d’Appello aveva già valutato e respinto con motivazioni giuridicamente corrette.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3245 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3245 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a SAN GIOVANNI ROTONDO il 18/01/2001
avverso la sentenza del 11/12/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 187 Di Maggio
NRG 2751424
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità;
Considerato, infatti, che i motivi sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si vedano, in particolare, per il primo motivo, pagg. 9 e 10 quanto all’esame dei rilievi della difesa sulla destinazione della sostanza stupefacente rinvenuta e alle ragioni che hanno sorretto le conclusioni tratte dalla Corte di appello; per il secondo motivo pagg. 11 e 12 quanto alla ricostruzione della vicenda e alla tesi della “resistenza passiva”; per il terzo motivo, pagg. 12 e 13, quanto alla valutazione della recidiva e alla tesi difensiva della “notevole” risalenza dei precedenti);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2024.