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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per un reato stradale. I giudici hanno stabilito che i motivi del ricorso erano una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, e che miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito che esula dalla competenza della Cassazione. La decisione sottolinea che il sindacato di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Sentenza di Condanna

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, delineando con precisione i confini del proprio giudizio. Quando un imputato, già condannato nei primi due gradi di giudizio, si rivolge alla Suprema Corte, deve presentare motivi che attengono a violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non una semplice rilettura dei fatti. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio questi principi fondamentali.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per un reato previsto dal Codice della Strada (art. 189, comma 7). Sentendosi ingiustamente condannato, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi al suo difensore per sollevare una serie di critiche contro la sentenza della Corte d’Appello.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità

L’imputato lamentava diversi vizi della sentenza di condanna, tra cui:

* La nullità della sentenza per presunta violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192 c.p.p.).
* La mancata assoluzione, sostenendo che il fatto non costituisse reato.
* L’errata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
* L’eccessività della pena inflitta.
* La mancata applicazione di sanzioni sostitutive alla detenzione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che il ricorso fosse manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile. La ragione principale è che le censure sollevate non erano altro che una ripetizione di argomenti già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello. Inoltre, le doglianze miravano a una nuova ricostruzione e valutazione dei fatti e del materiale probatorio, un’attività che rientra nella competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non in quella della Corte di Cassazione, che svolge un sindacato di sola legittimità.

Analisi del Ricorso Inammissibile e la Logica della Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è stabilire ‘come sono andati i fatti’, ma controllare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e adeguata, basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza, rendendo così l’impugnazione un tentativo infruttuoso di ottenere una terza valutazione sul merito della vicenda.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In primo luogo, ha evidenziato come la sentenza impugnata fosse supportata da un apparato argomentativo solido e coerente. Le deduzioni del ricorrente sulla ricostruzione dei fatti erano state considerate una mera riproposizione di censure già vagliate e motivatamente disattese in appello.

Per quanto riguarda la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto), i giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, che aveva escluso tale beneficio in considerazione del disvalore oggettivo della condotta, dell’intensità del dolo e, soprattutto, della negativa personalità dell’imputato, gravato da ‘numerosi, allarmanti precedenti penali’.

Anche la censura sull’eccessività della pena è stata respinta. La Cassazione ha ribadito che la determinazione della pena è una valutazione di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo se frutto di arbitrio o ragionamento illogico, cosa non riscontrata nel caso di specie. Infine, riguardo alla mancata concessione di pene sostitutive, il ricorso è stato giudicato generico, in quanto non si confrontava specificamente con le ragioni puntuali esposte dalla Corte d’Appello per negare tale richiesta.

Conclusioni

L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di ricorso inammissibile e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale in Cassazione: il ricorso deve concentrarsi su vizi di legittimità chiari e specifici. Un appello che si limita a criticare la valutazione dei fatti o a riproporre le stesse argomentazioni già respinte è destinato all’inammissibilità, con le conseguenti sanzioni economiche. La motivazione congrua e logica dei giudici di merito costituisce un baluardo difficilmente superabile nel giudizio di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano una mera ripetizione di argomenti già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello e perché miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nella competenza della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può modificare una pena ritenuta troppo alta?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità della pena, a meno che la decisione del giudice di merito non sia palesemente arbitraria o basata su un ragionamento illogico. Il suo è un controllo di legittimità, non di merito.

Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La sua applicazione è stata esclusa correttamente in base al notevole disvalore della condotta, all’intensità dell’intenzione criminale (dolo) e, in modo particolare, alla personalità negativa dell’imputato, che risultava avere numerosi e allarmanti precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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