Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2065 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2065 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOME COGNOME nato in Tunisia il 20/08/1967 (CUI 01G9NXT), avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di Brescia del 19/09/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. NOME
COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa il 19/09/2024, il Tribunale del riesame di Brescia, in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia in data 26/07/2024, applicava all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere in luogo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Avverso l’ordinanza l’indagato propone, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione.
Evidenzia come la misura cautelare non detentiva fossa stata applicata in relazione alla detenzione di una modica quantità di stupefacente, parte della quale veniva utilizzata dallo
stesso imputato, che soffre di diabete a causa del quale gli erano state amputate le dita dei piedi, per lenire il dolore.
La misura non è proporzionata al fatto di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, posta la resipiscenza dimostrata dal COGNOME in sede di convalida.
Anche l’assenza di fissa dimora costituisce elemento non conclusivo, potendo essere applicate anche misure non detentive, quale quella disposta dal Tribunale in sede di convalida dell’arresto.
In data 21 ottobre 2024 il Tribunale di Brescia trasmetteva l’attestazione di irrevocabilità della sentenza di applicazione pena ex art. 444 cod. proc. pen. relativa agli odierni fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e comunque inammissibile.
Come risulta dalla attestazione trasmessa dalla Cancelleria del Tribunale di Brescia, la sentenza relativa agli odierni fatti risulta essere passata in giudicato in data 9 ottobre 2024.
Pertanto, si è esaurita la fase cautelare e si è entrati nella fase esecutiva, il cui titolo non più costituito dall’ordinanza custodiale ma dalla sentenza di condanna o, come nel caso in esame, di patteggiamento.
Il ricorso è pertanto inammissibile per cessata materia del contendere.
Ad ogni buon conto, il ricorso è anche manifestamente infondato.
Il Tribunale evidenzia come la compresenza di diversi tipi di stupefacente “pesante” (6,16 grammi di eroina divisi in 3 confezioni e 14,10 grammi di cocaina divisi in dodici involucri, tutt occultati nel cavo orale), il rinvenimento di 190 euro, il cui possesso non era giustificato da attività lavorativa, l’avere gli operanti seguito visivamente la cessione di stupefacenti con donna non identificata, l’avere l’imputato opposto resistenza all’atto del controllo, la presenza d numerosi precedenti specifici (l’ultimo stato detentivo era cessato appena sei mesi prima per fine pena), l’assenza di fissa dimora, costituiscono tutti elementi in ragione dei quali ritenere l piena sussistenza dell’esigenza cautelare special-preventiva di cui all’articolo 274, lettera c), cod. proc. pen. e l’inadeguatezza di misure cautelari non detentive, in ragione della evidente non recisione da parte dell’indagato dei contatti con ambienti criminali, da cui rinviene le fonti sostentamento e della inadeguatezza di misure il cui rispetto è rimesso totalmente alla capacità autocustodiale del destinatario della misura stessa.
Tale motivazione appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «la pericolosità sociale dell’indagato è desunta congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità» (Sez. 3, n. 1166 del 02/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266177 – 01) e non presenta margini di illogicità e contraddittorietà.
Del pari non sussiste la lamentata illogica disparità di trattamento con soggetti muniti di fissa dimora, posto che la relativa questione è già stata ritenuta infondata da questa Corte (Sez. 3, n. 31204 del 14/03/2019, Zago, Rv. 276881 – 02), che, giudicando della deroga contenuta nell’articolo 275, comma 2-bis cod. proc. pen., ne ha sottolineato la natura eccezionale e pienamente giustificata dalla valutazione in concreto delle circostanze di fatto, come effettuato nel caso di specie dai giudici del Riesame.
Il ricorso non può quindi che essere dichiarato inammissibile.
il Collegio evidenzia quanto segue.
Secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui l’interesse alla pronuncia sul ricorso per Cassazione viene a mancare in un momento successivo alla presentazione dello stesso, non è possibile configurare una ipotesi di soccombenza (Sez. U, n. 31524 del 14/07/2004, COGNOME, Rv. 228168-01; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208166-01; Sez. 1, n. 15908 del 22/02/2024, COGNOME, Rv. 286244 – 01; Sez. 3, n. 29593 del 26/05/2021, COGNOME, Rv. 281785-01; Sez. 4, n. 45618 del 11/11/2021, Pujia, Rv. 282549 01, relativa ad un caso analogo a quello per cui è processo).
Tuttavia, il Collegio ritiene che tale principio non possa trovare applicazione in casi, quale quello in esame, in cui il ricorso sia “originariamente” inammissibile nel merito.
In questo caso, infatti, la primaria causa di inammissibilità preesiste alla sopravvenuta carenza di interesse, con conseguente colpa dei ricorrenti nella determinazione della mancata instaurazione del valido rapporto di impugnazione.
A ciò consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, fissata equitativamente in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/12/2024.