Ricorso Inammissibile: Quando Ripetere gli Stessi Motivi Porta al Rigetto
Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica precisa e argomentazioni specifiche. Non è sufficiente, infatti, ripetere le stesse lamentele già sollevate in appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi. Analizziamo questa decisione per comprendere i criteri che governano l’accesso al giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna per il reato previsto dall’art. 496 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato due principali motivi di ricorso. Il primo contestava la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione a norme procedurali e sostanziali. Il secondo, invece, lamentava l’errata dosimetria della pena e la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una valutazione critica di entrambi i motivi presentati, ritenuti non idonei a superare il vaglio di ammissibilità richiesto in sede di legittimità.
Le Motivazioni: L’Analisi di un Ricorso Inammissibile
La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente punto per punto, fornendo una lezione pratica sui requisiti di un ricorso efficace. Le motivazioni si concentrano su due aspetti fondamentali: la genericità del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo.
Il Primo Motivo: La Mera Reiterazione delle Argomentazioni
La Cassazione ha evidenziato come il primo motivo fosse una semplice e “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Secondo gli Ermellini, un motivo di ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse questioni, ma deve svolgere una critica argomentata e specifica proprio contro la motivazione della sentenza che si impugna. In assenza di questa critica mirata, i motivi diventano “non specifici ma soltanto apparenti”, perdendo la loro funzione essenziale. Citando consolidata giurisprudenza, la Corte ribadisce che il ricorso deve contestare le ragioni della decisione appellata, non riproporre semplicemente le proprie tesi. Per questo motivo, il vizio di motivazione denunciato è stato giudicato manifestamente infondato.
Il Secondo Motivo: La Valutazione Discrezionale del Giudice di Merito
Anche il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena e alla negata sospensione condizionale, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che la sentenza impugnata aveva fornito motivazioni “logiche e ineccepibili”. In particolare, la decisione di negare il beneficio si basava su una prognosi sfavorevole circa il futuro comportamento del reo, giustificata dai suoi numerosi precedenti penali (si trattava della “quarta condanna a pena detentiva”). La valutazione del giudice di merito, quando non scade nell’illogicità e considera aspetti soggettivi della personalità dell’imputato e la sua capacità a delinquere, non è sindacabile in sede di legittimità. Il giudizio non si era limitato alla gravità astratta del reato, ma aveva esaminato concretamente la personalità dell’imputato, orientando così la decisione in modo corretto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale del diritto processuale penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere successo, un’impugnazione deve contenere censure specifiche, pertinenti e critiche nei confronti della sentenza che si contesta. La semplice riproposizione di doglianze già respinte configura un ricorso inammissibile, con conseguente spreco di tempo e risorse. Inoltre, la decisione conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena e nella concessione dei benefici, a patto che la sua valutazione sia supportata da una motivazione logica, coerente e ancorata a elementi concreti come i precedenti penali e la personalità dell’imputato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il primo motivo era una mera ripetizione di argomentazioni già presentate e respinte in appello, mancando di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata. Tali motivi sono stati considerati solo “apparenti” e non specifici.
Su quali basi la Corte ha confermato la decisione di non concedere la sospensione condizionale della pena?
La Corte ha ritenuto logica e ineccepibile la decisione del giudice di merito, basata su una prognosi sfavorevole sulla futura condotta dell’imputato. Questa prognosi era giustificata dai significativi precedenti penali del ricorrente, che era alla sua quarta condanna a una pena detentiva.
Cosa si intende per motivo di ricorso “non specifico” o “apparente”?
Secondo la Corte, un motivo di ricorso è “non specifico” o “apparente” quando omette di assolvere la sua funzione tipica, ovvero quella di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso, e si risolve invece in una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e disattesi nel grado precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10582 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10582 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ASCOLI PICENO il 05/11/1977
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona che ha confermato la pronunzia di condanna per il reato di cui all’art. 496 cod. pen.
Letta la memoria pervenuta in data 27 gennaio 2025, a firma del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento die motivi di ricorso.
Considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente contesta la violazione della legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 516 cod. proc. pen e 131 bis cod. peri., non è deducibile in sede di legittimità, in quanto fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838); il denunciato vizio di motivazione è pertanto manifestamente infondato, alla stregua della corretta e non illogica argomentazione di cui a pag. 4 e 5 della sentenza impugnata;
Rilevato che il secondo e ultimo motivo di ricorso con il quale si denunzia violazione di legge e assenza di motivazione in ordine alla dosimetria della pena e alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è manifestamente infondato; la sentenza impugnata (si veda, in particolare, pag. 5) ha posto a base del rigetto della richiesta di applicazione del beneficio argomentazioni logiche e ineccepibili (“quarta condanna a pena detentiva per il delitto”) esprimendo un giudizio di prognosi sfavorevole sulla non reiterazione futura di reati, secondo un giudizio tipicamente di merito che non scade nell’illogicità quando, come nel caso in esame, la valutazione del giudice non si esaurisca nel giudizio di astratta gravità del reato, ma esamini l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato e, quindi, evidenzi aspetti soggettivi della personalità dell’imputato che ne hanno orientato la decisione.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 febbraio 2025 Il cons ere estensore
ente