Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39352 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Milano, con la pronuncia di .cui in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME per la fattispecie di cui agli artt. 110 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, avente a oggetto cocaina e hashish.
Avverso la sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce in particolare vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta responsabilità dell’imputato, in ipotesi, anche in luogo della mera connivenza non punibile rispetto alla detenzione dello stupefacente da parte della convivente, e si critica la sentenza impugnata per la mancata derubricazione nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309, invece argomentabile, a dire del ricorrente, dagli elementi probatori acquisiti e in particolare dal dato quantitativo dello stupefacente.
Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 3 e s., quelli proposti da un difensore, e a pag. 4 e s., que proposti da altro difensore), è fondato esclusivamente su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale (pag. 6 e ss.), dovendosi quindi gli stess considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
Le censure, peraltro, sono inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. in quanto deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, COGNOME, Rv. 283939 – 01, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, COGNOME, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione). Trattasi difatti di mere doglianze in fatto, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata. Con esse di si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito in ordine agli elementi acquisiti, tra cui anche le dichiarazioni rese dallo stesso imputato e ritenute contraddittorie e false circa la mancata conoscenza della presenza della cocaina (detenuta insieme all’hashish), invece fondanti una motivazione coerente e non manifestamente illogica cica la disponibilità dello stupefacente anche da parte del prevenuto e in merito alla non «lieve entità» del fatto, desunta dalla valutazione complessiva del dato quanti-qualitativo (dal quale sono state stimate ricavabili 458 dosi), oltre che dalla modalità della condotta, caratterizzata dalla detenzione di diverse tipologie di stupefacenti (oltre a circa 12.000,00 euro in banconote di vario taglio di provenienza ritenuta non giustificata) e dalla già eseguita suddivisione in 275 dosi, presso l’abitazione ove l’imputato, recidivo specifico, prima ristretto ai domiciliari, all’epoca dei fatti dimorava in forza provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore
della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024 s GLYPH sore GLYPH