Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12235 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12235 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE di APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; ricorsi trattati con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari con sentenza del 27/6/2023 – in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari del 27/10/2022, che aveva condannato NOME e NOME per i reati loro ascritti – riconosceva per NOME la continuazione con il reato giudicato con sentenza irrevocabile del 5/3/2023, rideterminando la pena, mentre confermava la sentenza nei confronti di NOME COGNOME.
Gli imputati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per cassazione, eccependo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 546, comma l, lett. e 597, comma 3, cod. proc. pen., nonché assenza di motivazione. Evidenzia la difesa che la sentenza impugnata è incorsa in una palese violazione del divieto di reformatio in peius, atteso che – a fronte di una evidente carenza di motivazione della sentenza di primo grado in relazione all’uso dell’arma – ha colmato tale lacuna, peraltro in modo tutt’altro che efficace; che, invero, l’incertezza su possesso e sulla specie dell’arma avrebbe dovuto comportare l’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen.
2.1 Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen per omessa motivazione in relazione all’aumento di pena per la continuazione. Rileva che la Corte territoriale non ha motivato in relazione all’aumento di pena pari ad anni due di reclusione ed euro quattrocento di multa – effettuato per NOME COGNOME per la rapina commessa il giorno successivo a quello dei fatti per cui si procede, limitandosi ad indicare solo il quantum di aumento della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.1 n primo motivo è manifestamente infondato e per altro verso aspecifico.
Va premesso che del tutto inconferente risulta la ritenuta violazione del principio del divieto di reformatio in peius richiamato dalla difesa, tenuto conto che non si è in presenza di un incremento sanzionatorio, né dell’applicazione di una misura di sicurezza nuova, né della revoca di benefici, quanto piuttosto della risposta alla doglianza relativa alla configurabilità della circostanza aggravante dell’uso dell’arma.
Va, del resto, evidenziato che la sentenza di appello oggetto di ricorso – in relazione alla affermazione della responsabilità degli imputati ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Giudice dell’udienza preliminare, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sezione 2, n. 6560 del 8/10/2020, Capozio, Rv. 280654 – 01).
Sotto diverso profilo, il motivo è aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che valorizza le dichiarazioni della persona offesa, che ha riferito di essere stata minacciata con un un’arma da
taglio, che gli veniva puntata all’addome. Ebbene, con questo dato la difesa si confronta solo apparentemente.
Come reiteratannente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sezione 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sezione 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sezione 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sezione 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME Rv. 236945 – 01).
1.2 Il secondo motivo è manifestamente infondato. Ed invero, in relazione alla posizione di NOME COGNOME, essendo stata riconosciuta la recidiva reiterata specifica, l’aumento per la continuazione non può essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, per cui – essendo stata irrogata per la rapina commessa in data 11/9/2021 la pena di anni otto e mesi tre di reclusione (poi ridotta ad anni cinque e mesi sei per la scelta del rito) l’aumento per la continuazione non poteva essere inferiore ad anni due mesi nove di reclusione (ridotta ad anni uno mesi dieci per la scelta del rito). Orbene, i giudici di appello hanno irrogato un aumento per la continuazione pari a tre anni di reclusione, ridotta ad anni due per la scelta del rito. L’aumento di pena effettuato per la continuazione, dunque, nel caso di specie, è prossimo al minimo edittale (trentasei mesi – in luogo di trentatré, che costituisce l’aumento minimo – poi ridotti per il rito a ventiquattro mesi) e le ragioni dell’aumento rinvengono a pagina 6 della sentenza impugnata, laddove la Corte territoriale evidenzia la gravità del fatto, che desume dalle modalità dell’azione, posta in essere ai danni di un piccolo commerciante, che non gode di tutela efficace e, dunque, facilmente aggredibile, oltre che dall’aver agito in due e con l’uso dell’arma. Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni avuto cura di affermare che, in tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sezione 6, n. 44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01; Sezione 5, n. 32511 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279770 – 01). In altri termini, l’obbligo della motivazione non può essere astrattamente circoscritto secondo canoni predeterminati, essendo il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previst 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziannente un cumulo materiale di pene (Sezioni Unite, n. 47127 del 24/6/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; conformi Sezioni Unite, n. 7930 del 21/04/1995, Zouine, Rv. 201549 – 01).
All’inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 23 febbraio 2024.