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Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti

La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per due imputati condannati per rapina. La Corte ha ritenuto i motivi aspecifici, in particolare sulla circostanza aggravante dell’uso dell’arma e sull’aumento di pena per il reato continuato. La sentenza chiarisce l’obbligo di motivazione.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12235 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i requisiti di ammissibilità del ricorso. Il caso in esame offre spunti fondamentali per comprendere perché un’impugnazione possa essere definita come ricorso inammissibile, chiarendo i doveri della difesa nella formulazione dei motivi e i limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione della pena. La decisione sottolinea come la genericità e la mancata correlazione con le argomentazioni della sentenza impugnata conducano inevitabilmente al rigetto del ricorso.

I fatti del processo

Il caso trae origine dalla condanna di due fratelli per una serie di reati. La Corte di Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva riconosciuto per uno degli imputati la continuazione con un altro reato già giudicato, rideterminando la pena. Per l’altro fratello, la condanna era stata invece integralmente confermata. Avverso tale decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolandolo su due principali motivi.

I motivi del ricorso: perché la difesa ha impugnato?

La difesa degli imputati ha basato il proprio ricorso su due censure principali:

1. Violazione del divieto di reformatio in peius: Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello, nel motivare la sussistenza dell’aggravante dell’uso dell’arma, avrebbe colmato una lacuna motivazionale della sentenza di primo grado, peggiorando di fatto la posizione degli imputati. La difesa sosteneva che l’incertezza sulla specie dell’arma avrebbe dovuto portare all’esclusione dell’aggravante.
2. Omessa motivazione sull’aumento di pena per la continuazione: Per l’altro imputato, si lamentava che la Corte territoriale avesse applicato un aumento di pena per il reato continuato senza fornire un’adeguata giustificazione, limitandosi a indicare il quantum dell’aumento.

L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendo i motivi manifestamente infondati e aspecifici.

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che non vi è stata alcuna violazione del divieto di reformatio in peius, poiché non si è verificato alcun peggioramento della sanzione. La Corte d’Appello si è limitata a rispondere a una doglianza della difesa. Inoltre, il motivo è stato giudicato aspecifico perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza, la quale si basava sulle chiare dichiarazioni della persona offesa, che aveva riferito di essere stata minacciata con un’arma da taglio puntata all’addome. In presenza di una ‘doppia conforme’ sulla responsabilità, le motivazioni delle due sentenze di merito si integrano, e un ricorso generico che non attacca specificamente tale apparato argomentativo è destinato all’inammissibilità.

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Cassazione ha evidenziato che l’aumento di pena per la continuazione era non solo giustificato, ma anche prossimo al minimo edittale previsto dalla legge, tenuto conto della recidiva reiterata e specifica dell’imputato. Le ragioni dell’aumento, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, erano rinvenibili nella sentenza impugnata, dove la Corte territoriale aveva sottolineato la gravità del fatto, le modalità dell’azione (ai danni di un piccolo commerciante, soggetto vulnerabile) e l’uso dell’arma.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono un monito sulla tecnica di redazione dei ricorsi. Un ricorso inammissibile è tale quando i motivi sono generici, indeterminati o si limitano a riproporre le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame. È necessaria una correlazione specifica tra le argomentazioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato in tema di reato continuato: il giudice di merito non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata per aumenti di pena di esigua entità, essendo sufficiente che il calcolo rispetti i limiti di legge e il principio di proporzionalità. In questo caso, l’aumento era quasi al livello minimo legale, rendendo la motivazione fornita dalla Corte d’Appello (basata sulla gravità del fatto) più che sufficiente.

Le conclusioni

La sentenza in commento rafforza l’idea che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito, ma un giudizio sulla corretta applicazione della legge. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è indispensabile che i motivi di impugnazione siano specifici, pertinenti e critici rispetto alla ratio decidendi della sentenza contestata. La decisione offre anche una chiara indicazione sui criteri di motivazione della pena nel reato continuato, bilanciando l’obbligo del giudice di giustificare le proprie decisioni con un principio di economia processuale per gli aumenti sanzionatori di lieve entità e conformi ai minimi di legge.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono non specifici, generici, indeterminati o si limitano a riproporre le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice precedente, senza una necessaria correlazione con le argomentazioni della decisione impugnata.

Cosa significa il divieto di ‘reformatio in peius’ e perché non è stato violato in questo caso?
È il principio che vieta al giudice di appello di peggiorare la pena o la posizione giuridica dell’imputato se solo quest’ultimo ha presentato appello. In questo caso non è stato violato perché la Corte d’Appello non ha aumentato la pena né applicato nuove misure negative, ma ha semplicemente risposto a una doglianza specifica sollevata dalla difesa stessa riguardo la motivazione.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato l’aumento di pena per il reato continuato?
No. La sentenza ribadisce che, in tema di reato continuato, il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata per aumenti di pena di esigua entità, soprattutto quando questi sono prossimi al minimo edittale previsto dalla legge. È sufficiente che il calcolo sia ragionevole e giustificato dalla gravità complessiva dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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