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Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per due imputati. Per il primo, in caso di ‘patteggiamento in appello’, la rinuncia ai motivi sulla responsabilità limita il potere del giudice. Per il secondo, la richiesta di attenuanti generiche è stata rigettata poiché il giudice di merito può basare la sua decisione sugli elementi ritenuti decisivi, senza dover analizzare ogni singolo aspetto favorevole o sfavorevole.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio d’Appello

Con l’ordinanza n. 11418/2024, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti che portano a dichiarare un ricorso inammissibile. La pronuncia analizza due casi distinti ma collegati, offrendo una guida preziosa sui limiti del giudizio in caso di ‘patteggiamento in appello’ e sulla valutazione delle circostanze attenuanti generiche. Questa decisione ribadisce principi fondamentali della procedura penale, sottolineando l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e fondati.

Il Caso in Esame: Due Ricorsi, un’Unica Sorte

La vicenda trae origine da due ricorsi presentati avverso una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. Il primo ricorrente aveva optato per la via del ‘patteggiamento in appello’, una procedura che consente un accordo sulla pena. Il secondo ricorrente, invece, contestava la ricostruzione dei fatti e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Nonostante le diverse argomentazioni, la Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili.

Il Patteggiamento in Appello e il Ricorso Inammissibile

Per quanto riguarda il primo imputato, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato in materia di patteggiamento in appello. Una volta che l’imputato accetta di concordare la pena e rinuncia ai motivi di appello che contestano la sua responsabilità, la cognizione del giudice di secondo grado subisce una limitazione significativa. In virtù dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, il giudice non è più tenuto a motivare il mancato proscioglimento per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso). La sua valutazione si concentra esclusivamente sui motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Pertanto, il ricorso basato su tale presunta omissione è stato giudicato privo di fondamento e, di conseguenza, inammissibile.

La Valutazione delle Attenuanti Generiche

Il secondo ricorso è stato giudicato manifestamente infondato su due fronti. In primo luogo, la Corte ha ritenuto che le contestazioni sulla ricostruzione probatoria non fossero decisive, dato che il compendio probatorio, basato sulle dichiarazioni precise e inequivoche della persona offesa, era solido nel definire il ruolo dell’imputato.
In secondo luogo, e più significativamente, la Cassazione ha affrontato la questione del diniego delle circostanze attenuanti generiche. Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, il giudice di merito non è obbligato a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che la sua motivazione si basi sugli elementi ritenuti decisivi. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato il ruolo di primo piano ricoperto dall’imputato nella vicenda delittuosa, ritenendo tale elemento sufficiente a giustificare il mancato riconoscimento delle attenuanti. Qualsiasi altro elemento positivo è implicitamente considerato superato da questa valutazione centrale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi procedurali chiari. Per il primo ricorso, la chiave è stata l’effetto devolutivo dell’appello concordato: la rinuncia ai motivi sulla colpevolezza cristallizza quel punto, impedendo al giudice di riesaminarlo. Per il secondo ricorso, la Corte ha sottolineato la manifesta infondatezza delle censure. Il tentativo di rimettere in discussione l’attendibilità delle prove è stato respinto in quanto non decisivo, mentre il diniego delle attenuanti è stato considerato correttamente motivato sulla base del ruolo predominante dell’imputato, un criterio pienamente legittimo e sufficiente a sorreggere la decisione del giudice di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame conferma due importanti lezioni pratiche. Primo, la scelta del ‘patteggiamento in appello’ comporta conseguenze procedurali precise, tra cui la limitazione del potere di cognizione del giudice sui punti oggetto di rinuncia. Secondo, per ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche, non basta elencare elementi potenzialmente favorevoli, ma è necessario che questi non siano superati da elementi di segno contrario ritenuti più rilevanti dal giudice, come la particolare gravità del ruolo svolto nel reato. La decisione evidenzia come un ricorso, per superare il vaglio di ammissibilità, debba essere fondato su motivi specifici e non manifestamente infondati, pena la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

In caso di ‘patteggiamento in appello’, il giudice deve motivare il mancato proscioglimento dell’imputato?
No. Se l’imputato rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione. Il giudice non è quindi tenuto a motivare il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Per negare le circostanze attenuanti generiche, il giudice deve esaminare tutti gli elementi a favore e a sfavore?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente che il giudice di merito, nel motivare il diniego, faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come il ruolo di primo piano dell’imputato nella vicenda, senza dover prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata determinata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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