Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34620 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VIGEVANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2025 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo due motivi: a. vizio motivazionale in ordine al giudizio di penale responsabilità in relazione ai reati in contestazione, sulla scorta dell’inaffidabilità dei riconoscimenti fotografici da parte delle persone offese dei furti ai capi a) e b); b. vizio di motivazione relativamente al trattamento sanzioNOMErio.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il primo motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata oltreché privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugNOME (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Lo stesso è, poi, manifestamente infondato in quanto deduce difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugNOME dimostia, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori.
Con riguardo al secondo motivo, questo afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
La ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito hanno puntualmente motivato rispetto agli elementi ritenuti decisivi ai fini dell’affermazione della penale responsabilità della ricorrente.
La Corte di appello di Brescia ha correttamente rilevato come la ricostruzione del fatto trovi conferma nelle riprese delle telecamere di videosorveglianza, parti-
colarmente nitide, tali da consentire l’identificare la ricorrente quale soggetto intento a frugare nella borsa, circostanza ulteriormente corroborata dalla riconoscibilità, nel corso della ripresa, della borsa a tracolla di sua proprietà.
Né può assumere rilievo la doglianza difensiva circa la mancata menzione, nel capo d’imputazione, della presenza di altro soggetto, non venendo in tal modo meno la responsabilità della ricorrente, adeguatamente accertata.
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso inerente al trattamento sanzioNOMErio, la difesa lamenta la scelta della Corte di appello, a seguito della formulazione del giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, di non applicare le conseguenti diminuzioni nella massima estensione.
Ebbene, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sul trattamento sanzioNOMErio, dando atto degli elementi valutati, peraltro mitigandolo (…fr. ultima pagina della motivazione).
In proposito, va ricordato che questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596).
E ancora, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.