Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46086 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GENOVA il 16/10/1966
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si lamenta “illogicità” della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ascritto all’odierno ricorrente come reato ex artt. 56 e 629 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, oltre ad essere manifestamente infondato in diritto;
che, in primis, deve osservarsi come la suddetta doglianza non risulta connotata dai requisiti richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché fondato su profili di censura (in particolare l’asserita insufficienza di materiale probatorio), che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e congruamente disattesi dai giudici di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione e dunque non specifici, ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, deve ribadirsi come il vizio di “manifesta illogicità” censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento;
che, nel caso di specie, deve osservarsi come, sulla base della ricostruzione della vicenda quale risulta dal capo di imputazione e dall’accertamento effettuato dai giudici di merito, il contegno del ricorrente risulta correttamente sussunto nella fattispecie della tentata estorsione, tenendo conto che la Corte territoriale ha adeguatamente esplicato gli elementi di fatto e le non illogiche ragioni a base del suo convincimento in relazione alla sussistenza del reato di tentata estorsione (si vedano in particolare le pagg. 5 e 6), avendo l’agente minacciato persona diversa dal debitore e trattandosi comunque di obbligazione derivante da causa illecita e dunque non azionabile in giudizio;
che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argonnentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
48-23920/2024
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.