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Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per reati fallimentari. I motivi sono stati giudicati una mera ripetizione delle argomentazioni già respinte in appello, prive della necessaria critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha ribadito che il ricorso di legittimità non può essere una semplice riproposizione di doglianze di fatto.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta l’Appello per Motivi Generici

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica, precisione e, soprattutto, specificità. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, vanificando le possibilità di difesa. L’ordinanza in esame riguarda un imprenditore condannato per reati fallimentari che si è visto respingere il ricorso proprio perché i motivi erano una mera ripetizione di quanto già discusso e rigettato in appello. Analizziamo insieme la decisione per comprendere quali errori evitare.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto per i reati previsti dagli articoli 216 e 223 della Legge Fallimentare (bancarotta fraudolenta). La sentenza di condanna, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Bari. L’imputato, non rassegnato, decideva di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi:

1. Una contestazione sulla correttezza della motivazione relativa alla sua responsabilità penale.
2. Una presunta violazione di legge e vizio di motivazione per altri capi d’imputazione.
3. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Nonostante l’aggiunta di una memoria difensiva successiva, l’esito del ricorso era segnato sin dall’inizio dalla sua impostazione.

L’Analisi della Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta e perentoria: l’inammissibilità totale. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici di legittimità.

Primo e Secondo Motivo: La “Pedissequa Reiterazione” delle Doglianze

I primi due motivi di ricorso sono stati liquidati con una motivazione quasi identica. La Corte ha rilevato che le argomentazioni dell’imputato non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già presentate e, soprattutto, respinte dalla Corte d’Appello. In altre parole, l’avvocato si era limitato a riproporre le stesse lamentele, basate su una diversa lettura dei fatti (“doglianze in punto di fatto”), senza però assolvere alla funzione tipica del ricorso di legittimità.

Questo tipo di impugnazione, secondo la Corte, è da considerarsi non specifico ma solo “apparente”, poiché omette di formulare una critica argomentata e mirata contro la specifica ratio decidendi della sentenza impugnata. Non basta dire che la Corte d’Appello ha sbagliato; bisogna spiegare dove e perché, confrontandosi con le motivazioni da essa espresse.

Terzo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il terzo motivo, relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: nel motivare il diniego delle attenuanti, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti. È sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi, a patto che la sua valutazione sia esente da evidenti illogicità. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi, rendendo la doglianza infondata.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione si fonda su un pilastro fondamentale della procedura penale: il ruolo e i limiti del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, dove si possono rimettere in discussione i fatti così come accertati dai giudici dei primi due gradi. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Un ricorso che si limita a riproporre questioni di fatto già vagliate e respinte, senza evidenziare un errore di diritto o un’illogicità manifesta nel ragionamento del giudice d’appello, non svolge la sua funzione. Diventa, appunto, un ricorso inammissibile. La Corte cita a supporto diversi precedenti giurisprudenziali che confermano come la mancanza di una critica specifica e argomentata contro la decisione di secondo grado renda l’impugnazione solo apparente.

Conclusioni

L’ordinanza in commento è un monito importante per tutti gli operatori del diritto. La preparazione di un ricorso per Cassazione non può prescindere da un’analisi approfondita e critica della sentenza d’appello. Non è una piattaforma per riproporre le medesime tesi difensive, ma l’occasione per scovare e denunciare vizi specifici – di legalità o di logica – che inficiano la decisione. Trascurare questo aspetto significa condannare il ricorso a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse e, soprattutto, con la cristallizzazione della sentenza di condanna.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si fonda su mere doglianze di fatto, reitera argomenti già respinti in appello senza una critica specifica alla sentenza impugnata, risultando così generico e solo apparentemente motivato.

È sufficiente ripetere gli stessi motivi del primo appello nel ricorso per Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la “pedissequa reiterazione” (ripetizione letterale) dei motivi già respinti, senza una critica argomentata contro la sentenza impugnata, rende il ricorso non specifico e quindi inammissibile.

Come deve motivare un giudice il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Secondo l’ordinanza, è sufficiente che il giudice faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti per il diniego, senza dover esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. La motivazione è valida purché sia esente da manifeste illogicità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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