Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19263 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19263 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CUI 01MB092) nato il 16/09/1974
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 15 novembre 2024 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 26 marzo 2024, ha condannato (.. 3 Moustapha alla pena di anni due, mesi due, giorni venti, di reclusione ed euro 6000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo con due motivi: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 390/1990; violazione di legge con riferimento agli artt. 240-bis cod. pen. e 85 d.P.R. 309/1990 per la disposizione della confisca
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non consentiti.
I motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità poiché essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alle ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, di fatto reiterano le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, vagliate da parte della Corte territoriale.
La Corte di appello di Torino, invero, rispetto alla mancata riqualificazione, ha ampiamente motivato, rilevando diversi elementi negativi, quali: la lesione del bene protetto della salute pubblica; il rifornimento di soggetti che a loro volta operavano come spacciatori; l’estrema dimestichezza e spregiudicatezza dimostrata (pag. 9 della sent. impugnata). La struttura della complessiva motivazione è dunque conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, la configurabilità del delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n 309, postula un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, ed a quantità e qualità delle sostanze, con riferimento al grado di purezza, sì da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e di proporzionalità della pen (Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023. Rv. 285706 – 01) .
Con riguardo, invece, alla confisca, essa è stata disposta sul presupposto che il ricorrente non aveva giustificato la provenienza del denaro il cui ammontare era sproporzionato al suo reddito (pag. 11 della sent. impugnata).
È inammissibile, dunque, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato (Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, Rv. 287205 – 01).
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All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero
(Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 13 maggio 2025.