Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando le doglianze si concentrano sulla ricostruzione dei fatti già valutati dai giudici di primo e secondo grado. Analizziamo questa decisione per comprendere i limiti dell’appello in Cassazione nel contesto di un’accusa di resistenza a pubblico ufficiale.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un cittadino condannato sia in primo grado che in appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. Non accettando la decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, tentando di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione
L’imputato ha basato il suo ricorso su tre argomentazioni principali:
1. La reazione ad un atto arbitrario: Sosteneva che la sua condotta fosse giustificata da un presunto atto arbitrario del pubblico ufficiale, invocando la scriminante prevista dall’art. 393-bis del codice penale.
2. L’errore sulla causa di giustificazione: In subordine, affermava di aver agito nella convinzione errata che la sua reazione fosse legittima, richiamando l’art. 59, quarto comma, del codice penale.
3. Mancata concessione delle attenuanti: Lamentava infine che i giudici di merito non gli avessero concesso le attenuanti generiche, ritenendo la sanzione finale eccessiva.
È cruciale comprendere che la Corte di Cassazione non ha il compito di riesaminare le prove o di stabilire una nuova versione dei fatti, ma solo di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato in modo logico le loro decisioni.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Questa decisione non entra nel merito delle argomentazioni dell’imputato, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non possedeva i requisiti per essere esaminato. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e al ricorrente sono state addebitate le spese processuali e una sanzione di tremila euro.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato chiaramente le ragioni della sua decisione. I primi due motivi, relativi alla scriminante e all’errore sulla sua esistenza, sono stati classificati come “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato, infatti, non stava segnalando un errore di diritto, ma stava chiedendo alla Cassazione di fornire una valutazione alternativa della vicenda, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Poiché le motivazioni della sentenza impugnata non erano “manifestamente illogiche” e risultavano conformi alla giurisprudenza, non c’era spazio per un intervento della Suprema Corte.
Anche il terzo motivo, riguardante le attenuanti generiche, è stato respinto per un vizio procedurale. La Corte ha rilevato che la doglianza era “priva di specificità”, in quanto il ricorrente non si era confrontato in modo puntuale con le ragioni esposte dalla Corte d’Appello per negare le attenuanti. Un ricorso efficace deve demolire specificamente le argomentazioni della sentenza che si contesta, non limitarsi a una lamentela generica.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un importante monito sulle regole del processo penale e sui limiti del ricorso in Cassazione. Dimostra che tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti in sede di legittimità è una strategia destinata al fallimento. Un ricorso inammissibile non solo non porta all’annullamento della condanna, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente. Per avere successo in Cassazione, è indispensabile formulare censure precise, focalizzate su errori di diritto o su vizi logici evidenti nella motivazione della sentenza impugnata, evitando di riproporre questioni puramente fattuali.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano mere “doglianze in punto di fatto”, cioè chiedevano una nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito, cosa non consentita in sede di legittimità. Inoltre, il motivo sulle attenuanti generiche era privo di specificità.
Cosa significa che un motivo di ricorso è una “doglianza in punto di fatto”?
Significa che la critica non riguarda un errore nell’applicazione della legge, ma un disaccordo con la ricostruzione degli eventi fatta dal giudice (es. come si sono svolti i fatti). La Corte di Cassazione non può riesaminare queste questioni, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme e la logicità della motivazione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La conseguenza è che la condanna precedentemente emessa diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21213 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PISTICCI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 236-24 BENEDETI -0
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che i primi due motivi dedotti nel ricorso – attinenti alla sussistenza della scriminante ex art. 393-bis e all’operatività dell’art. 59, comma quarto, cod. pen. – non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla richiesta di valutazione alternativa della vicenda, oggetto di esame sviluppato con argomentazioni non manifestamente illogiche da parte dei giudici di merito e conformi alla giurisprudenza di legittimità (v. pag. 4-5);
Ritenuto infine che anche la residua doglianza relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche – e di conseguenza all’eccessività del trattamento sanzionatorio – è priva di specificità in quanto non si confronta con la puntuale esposizione dei criteri adottati dai giudici del merito (v. in particolare pag. 6);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024