Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21526 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21526 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 13/07/1959
avverso la sentenza del 03/12/2024 della Corte d’appello di Torino Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta tempestivamente depositata ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi 13 e 14 perché estinti per prescrizione e per l’effetto eliminare la relativa pena pari complessivamente a giorni venti di reclusione ed euro 20 di multa, rideterminando complessivamente la pena inflitta in mesi nove e giorni venti di reclusione ed euro 180 di multa. Rigettare nel resto il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Torino confermava la responsabilità di NOME COGNOME per le condotte di truffa, falso ed appropriazione indebita consumate gestendo in modo illecito la sua attività di commercialista. Dichiarava la prescrizione dei reati estinti all’epoca della pronuncia della sentenza di secondo grado, e tra gli altri, dei reati descritti ai capi 1) e 2).
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: le condotte descritte ai capi 13) e 14) sarebbero prescritte essendo il relativo termine decorso rispettivamente il 5 gennaio 2025 ed il 31 gennaio 2025;
2.2. violazione di legge: la querela proposta in relazione al capo 18) sarebbe tardiva; vi sarebbe una contraddizione nell’individuazione del tempo del commesso reato tra quanto affermato dal Tribunale e quanto ritenuto dalla Corte di appello;
2.3. violazione di legge: la querela proposta in relazione al capo 20) sarebbe tardiva; vi sarebbe una contraddizione nell’individuazione del tempo del commesso reato tra quanto affermato dal Tribunale e quanto ritenuto dalla Corte di appello;
2.4. violazione di legge (art. 646 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per i capi 13), 16), 18) 19) e 20) che descrivevano delle condotte di appropriazione indebita: non sarebbe stato dimostrato che, al venir meno del rapporto professionale, la ricorrente si fosse sottratta alla consegna dei documenti; non sarebbe stato provato il rifiuto consegnare la documentazione; peraltro non sarebbe stato provato che i documenti rinvenuti in sede di perquisizione fossero gli stessi espressamente richiesti dalle persone offese; infine si allegava che nessuno dei testimoni avrebbe dichiarato di avere ricevuto dalla Grosso un rifiuto espresso di consegna della documentazione e che, in relazione ai capi 16) e 18) le persone offese avrebbero dichiarato di avere ottenuto la restituzione della documentazione.
In sintesi, si deduceva che mancherebbe la prova della sussistenza degli elementi costitutivi del reato e dell ‘ interversio possessionis ;
2.5. violazione di legge (artt. 477, 482 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al reato di falso descritto al capo 15): la motivazione sarebbe contraddittoria dato che nel caso di specie si trattava di un atto depositato in via telematica che è una copia non originale e che anche la persona offesa non avrebbe mai dichiarato che si trattava di un atto originale; peraltro, il fatto che la persona offesa abbia prodotto tale documento non prova che lo stesso provenisse dalla ricorrente;
2.6.violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alle truffe contestate ai capi 14) e 17): ai fini della contestazione della truffa ci sarebbe una carenza nell ‘ identificazione degli errori, dei ritardi, delle negligenze e delle omissioni poste in essere dalla ricorrente, sicché l ‘ accusa sarebbe indeterminata e generica; inoltre mancherebbe del tutto la prova dell ‘elemento soggettivo;
2.7. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e, segnatamente alla concessione delle attenuanti generiche;
2.8. violazione di legge e vizio motivazione in relazione alla mancata valutazione degli elementi allegati alla difesa in relazione ai ‘ capi 1) e 2) ‘ per ottenere una declaratoria di non doversi procedere ai sensi dell’ art. 162ter cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il terzo motivo di ricorso non è manifestamente infondato.
Invero si rinviene una contraddizione tra quanto stabilito dalla Corte di appello, che ha affrontato con motivazione generica, e dunque carente, il tema della condizione di procedibilità a pag. 20 della sentenza impugnata; e quanto affermato dal Tribunale che, invece, ha individuato con precisione la data di consumazione del reato in data prossima al maggio 2016 (pag. 44 della sentenza di primo grado).
Tale discrasia tra le due sentenze di merito consente di ritenere non manifestamente infondato il motivo che contesta la tempestività della querela; ne consegue che, in relazione a tale capo, il rapporto processuale in sede di legittimità deve considerarsi instaurato, il che impone di valutare il decorso dei termini di prescrizione. Questo, ad oggi, risulta decorso, anche tenuto del fatto che per i fatti consumati nel 2016 non risulta operativo il termine di sospensione previsto dalla legge c.d. ‘ Orlando ‘ .
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente al capo 20) della rubrica accusatoria; deve essere conseguentemente eliminata la porzione di pena inflitta in relazione a tale capo, pari a giorni quindici di reclusione ed euro dieci di multa.
La non manifesta infondatezza delle doglianze proposte con il terzo motivo di ricorso nei confronti della sussistenza della condizione di procedibilità per l ‘ appropriazione indebita descritta al ‘ capo 20) ‘ non consente di ritenere instaurato il rapporto processuale con riferimento agli ‘ altri capi ‘ di imputazione per i quali la Corte di appello ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME
2.1. In materia il Collegio riafferma, infatti, che in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l ‘ autonomia dell ‘ azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l ‘ ammissibilità dell ‘ impugnazione per uno dei reati possa determinare
l ‘ instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268966 -01)
2.2. Tenuto conto del fatto che la sentenza impugnata è stata pronunciata il 3 dicembre del 2024, la richiesta avanzata con il primo motivo di ricorso volta ad ottenere la dichiarazione di estinzione per decorso del termine di prescrizione dei reati contestati ai capi 13) e 14) non può essere accolta: la stessa risulta infatti manifestamente infondata dato che, alla data della pronuncia della sentenza impugnata, i termini di prescrizione dei reati contestati ai capi 13) e 14) non risultavano decorsi.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la tempestività della querela presentata in relazione al capo 18) non supera la soglia di ammissibilità in quanto manifestamente infondato.
Invero il ricorrente non si confronta con la specifica valutazione del tempus commissi delicti effettuata a pagina 43 dalla sentenza di primo grado, dove viene affermato che il reato di appropriazione indebita contestato al capo 18) si era verificato in data successiva è prossima la data di revoca del mandato nel gennaio del 2018, sicché non poteva ritenersi tardiva la querela presentata dal COGNOME in data 25 settembre 2018.
Il mancato confronto con tale decisiva collocazione temporale del reato non consente di ritenere che il ricorso – nella parte in cui contesta la sussistenza della condizione procedibilità in relazione al capo 18) – superi la soglia di ammissibilità.
Il quarto e il quinto e il sesto di motivo di ricorso con i quali si contesta la conferma della responsabilità per le condotte di appropriazione indebita descritte ai capi 13), 16) 18), 19), 20), per il falso descritto al capo 15) ed, infine, per le truffe descritte ai capi 14) e 17) non superano una soglia di ammissibilità in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutare la capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del Giudice di legittimità.
Il collegio ribadisce che in materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di ‘merito’ in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate -o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
4.1. Con riguardo alle appropriazioni indebite descritte ai capi 13), 16) 18), 19), 20) la Corte d’appello, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, rilevava che (a) le persone offese dai reati contestati avevano precisato di avere interrotto i rapporti professionali con la ricorrente e di averle espressamente richiesto la restituzione della documentazione che avevano consegnato alla stessa per adempiere gli incarichi conferiti; (b) le operazioni di perquisizione compiute presso i locali nella disponibilità di NOME COGNOME avevano consentito di rinvenire parte della documentazione trattenuta, (c) non erano decisive le allegazioni difensive relative alla parziale restituzione della documentazione ed al fatto che la conservazione della documentazione avrebbe costituito un obbligo professionale.
La Corte d’appello, con motivazioni irreprensibile, riteneva pertanto, con motivazione logica ed aderente alle emergenze processuali, che, venuto meno il rapporto professionale, la mancata restituzione di documentazione ai clienti che ne avevano fatto esplicita richiesta fosse una condotta idonea ad integrare i reati contestati (pag. 23 della sentenza impugnata).
4.2. Con riguardo al delitto di falso contestato al capo 15) La Corte d’appello con motivazione che, anche in questo caso, non si presta a censure rilevava che il reato sussisteva in quanto la ricorrente aveva fatto apparire come esistente un documento che non era mai stato concretamente formato; e non riteneva pertinenti le allegazioni difensive che si appuntavano sul fatto che il documento oggetto di contestazione sarebbe una copia non equiparabile all’originale (pag. 24 della sentenza impugnata)
4.3. Con riguardo alle truffe descritte ai capi 14) e 17),la Corte di appello rilevava che le testimonianze delle persone offese NOME COGNOME ed NOME COGNOME avevano una elevata capacità dimostrativa in ordine alla sussistenza dei reati contestati in quanto provavano che la ricorrente si era resa inadempiente alle obbligazioni di prestazione d’opera assunte (incorrendo in errori, ritardi negligenze ed omissioni puntualmente descritte nel corso dell’esame di testimoniale); le testimonianze degli offesi venivano ritenute decisive anche per la ricostruzione del comportamento fraudolento della COGNOME, dato che avevano consentito di accertare che la stessa, a fronte delle richieste degli offesi, forniva fallaci rassicurazioni inducendoli in errore; in seguito a tali comportamenti decettivi gli offesi continuavano a nutrire fiducia nelle capacità professionali della COGNOME e le rinnovavano l’incarico, remunerandola. Di contro, la Corte di merito non riteneva decisive le allegazioni difensive secondo cui le somme versate costituirebbero la remunerazione per l ‘ opera prestata, tenuto conto che gli offesi, venuti a conoscenza delle gravi inadempienze di cui la COGNOME si era resa responsabile, le avevano immediatamente revocato l’incarico (pag. 24 della sentenza impugnata).
Il settimo motivo di ricorso con il quale si contesta la definizione del trattamento sanzionatorio con specifico riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche è manifestamente infondato.
Il Collegio ribadisce, in materia, che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (tra le altre: Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986).
Nel caso in esame, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, la Corte di appello, escluso che lo stato di incensuratezza potesse essere sufficiente ai fini del riconoscimento del beneficio invocato, ha ritenuto, con motivazione logica ed aderente alle emergenze processuali, che non fossero emersi altri elementi positivi per la concessione delle invocate attenuanti (pag. 25 della sentenza impugnata).
L ‘ ultimo motivo di ricorso con il quale si contrasta la mancata declaratoria di non doversi procedere ai sensi dell ‘ art. 162ter cod. pen. in relazione ai capi 1) e 2) non supera la soglia di ammissibilità in quanto nel motivo di ricorso che invoca il beneficio non risulta indicato il concreto interesse processuale che sorregge la doglianza. Invero i capi 1) e 2) sono ‘ già ‘ stati dichiarati estinti dalla Corte di appello per decorso dei termini di prescrizione, e NOME COGNOME, persona offesa del reato descritto al capo 2) – dichiarato prescritto – non si è costituito parte civile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 20) perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena pari a gg. 15 di reclusione ed euro 10,00 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso, il giorno 23 aprile 2025