Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24208 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24208 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
NOME nato a MELICUCCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Bologna – per quanto qui di interesse – ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati condannati per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva;
che, avverso detta sentenza, entrambi gli imputati hanno proposto, con separati atti, ricorso per cassazione, a mezzo dei loro difensori;
che il primo motivo del ricorso del COGNOME, oltre a essere completamente versato in fatto, è privo di specificità, perché meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. pagine 6 e 7 della sentenza impugnata), con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato;
che il secondo motivo del ricorso del COGNOME è manifestamente infondato, atteso che il termine massimo di prescrizione previsto per il reato in questione (pari a dodici anni e mesi), iniziato a decorrere con la dichiarazione di fallimento il 26 gennaio 2012, risulta decor solo il 26 luglio 2024 e, dunque, dopo la pronuncia della sentenza di appello (emessa il 16 maggio 2024); che, dunque, il reato per il quale è intervenuta condanna, al momento della pronuncia della sentenza di appello, non era estinto; che l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266); che deve essere ribadito che la proposizione di un ricorso inammissibile, come quello in esame, non consente la costituzione di valido avvio della corrispondente fase processuale, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione, in quanto non investito del potere di cognizione e decisione sul merito del processo, non può rilevare eventuali cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266818; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231164; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266);
che il terzo motivo del ricorso del COGNOME risulta inedito, posto che non risul dall’incontestata sintesi dei motivi di appello, per come riportata nella sentenza impugnata, ch il deducente avesse formulato doglianze in ordine al tema dedotto con il ricorso in cassazione;
che il quarto motivo del ricorso del COGNOME è manifestamente infondato, atteso che «il difensore che abbia ottenuto la sospensione o il rinvio della udienza per legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della nuova udienza solo nel caso di rinvio “a nuovo ruolo poiché, nel diverso caso di rinvio ad udienza fissa, la lettura dell’ordinanza sostituisce la citaz e gli avvisi sia per l’imputato contumace, che è rappresentato dal sostituto del difensor designato in udienza, sia per il difensore impedito, atteso che il sostituto assume per conto d sostituito i doveri derivanti dalla partecipazione all’udienza» (Sez. 3, n. 30466 del 13/05/201 COGNOME, Rv. 264159);
che il primo motivo del ricorso del COGNOME, oltre a essere completamente versato in fatto, è privo di specificità, perché meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. pagine 8 e 9 della sentenza impugnata), con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato;
che il secondo motivo del ricorso del COGNOME è manifestamente infondato, atteso che la Corte di appello, in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 219, ult comma, legge fall., ha reso motivazione congrua in fatto e corretta in diritto (cfr. pagina 10 de sentenza impugnata);
– che, con il terzo motivo, il COGNOME prospetta questioni non consentite nel giudizio d
legittimità e, comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, che l’esercita in aderenza ai principi enunciati n
artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in cassazione
miri a una nuova valutazione della sua congruità, ove la relativa determinazione non sia frutto
di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5,
5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851);
che, per la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020
COGNOME, Rv. 279549; Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), nel
motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte d
giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come parimenti avvenuto nel caso
esame (cfr. pagina 10 della sentenza);
– che il ricorrente COGNOME NOME ha proposto motivi aggiunti, unitamente a «un’istanza
di riesame della trattazione ex art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.»;
– che «l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere
sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radic
che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli ste
considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di
impugnazione» (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850); che “l’istanza di
riesame” non contiene argomentazioni che consentano di superare l’originario vaglio di
inammissibilità del ricorso;
che l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di COGNOME NOME, ha presentato «un’istanza di trattazione in camera di consiglio»;
che «l’istanza di trattazione in camera di consiglio» non contiene argomentazioni che consentano di superare l’originario vaglio di inammissibilità del ricorso;
che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 4 giugno 2025
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Consigliere estensore
Il Presidente