Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5122 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5122  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PAROLARI NOME NOME a ORZINUOVI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 18 aprile 2023 la Corte d’appel o di Milano ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condanNOME NOME COGNOME alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, avendolo ritenuto responsabile dei delitti di cagionamento con dolo e per effetto di operazioni dolose del fallimento della RAGIONE_SOCIALE liquidazione, dichiarata fallita in data 10 aprile 2014 e di bancarotta fraudolenta documentale, attribuitigli nella qualità di amministratore unico dell’indicata società dal 22 gennaio 2010 al 10 giugno 2013.
 Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, per avere la Corte territoriale, nel confermare l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il delitto di cagionamento doloso del fallimento, fatto affidamento sulla ricostruzione sommaria contenuta nella relazione del curatore, senza considerare che gli elementi raccolti avevano dimostrato il ruolo di mera “testa di legno” del COGNOME, che si era sempre occupato del lavoro nei cantieri come carpentiere, mentre la gestione amministrativa era stata curata dall’altra socia, NOME COGNOME, e da suo padre, NOME COGNOME, alle cui condotte doveva essere attribuita la responsabilità delle conseguenze della crisi provocata dai mancati pagamenti delle committenti della società. Al contrario, non era emersa alcuna distrazione in favore del ricorrente, il quale non aveva potuto soddisfare le obbligazioni della società, ormai in dissesto quando egli si era accorto della situazione. Del resto, la stessa complessità degli artifici contabili che avevano mascherato le perdite costanti di quest’ultima poteva essere concepita solo da una persona dotata di competenze tecniche e non da un uomo di cantiere, quale il COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, in relazione all’affermazione di responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, tenuto conto del fatto che la documentazione era completa sino al 2012 e che l’imputato era stato amministratore della società sino alla fine appunto del 2012. Egli, inoltre, sin dall’iniziro del fallimento aveva messo a disposizione del curatore tutta la documentazione della quale era in possesso e consegNOME la rimanente durante l’interrogatorio in Procura, senza che nessuno avvertisse l’esigenza di chiedere documenti al AVV_NOTAIO COGNOME, commercialista della società.
3.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale, attraverso un richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado, omesso di approfondire il tema della sussistenza degli elementi costitutivi dei reati attribuiti al ricorrente.
3.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla dosimetria della pena e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, da reputarsi prevalenti sulle circostanze aggravanti ritenute.
3.5. Con il quinto motivo ci si duole dell’eccessività della pena, si invocano i benefici di legge e si chiede «la sospensione della condanna a titolo di provvisionale». Nella rubrica del motivo si invoca l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il primo motivo è inammissibile per assenza di specificità, in quanto fondato su censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell’art. 591 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, COGNOME, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39593, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596).
Il primo motivo di ricorso infatti ripropone, in termini disorganici e assertivi, la tesi difensiva sopra riassunta senza confrontarsi con le ragioni della decisione della Corte territoriale, che, senza sminuire il ruolo amministrativo della COGNOME, ha sottolineato come il COGNOME avesse svolto attività gestionale, secondo quanto emerso dalle dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME che avevano confortato le affermazioni del coimputato COGNOME. La Corte d’appello ha anche criticamente valutato il narrato della teste COGNOME, ritenendola inattendibile.
Lo stesso motivo insiste nel sollevare, per contestarlo, il tema dell’asserita distrazione da parte dell’imputato di risorse sociali per l’acquisto della casa di sua proprietà. Ma la Corte territoriale aveva già esplicitamente chiarito che della missiva anonima, riportata nella relazione del curatore e nella quale si riferiva della circostanza, non si era tenuto alcun conto ai fini della decisione.
Rispetto a siffatto apparato argomentativo, le censure del primo motivo, peraltro senza neppure indicare specifici vizi di illogicità del percorso motivazionale, finiscono per aspirare ad una rivalutazione del compendio probatorio, inammissibile in questa sede.
Al riguardo, va ribadito (v., di recente, Sez. 5, n. 17568 del 22/03/2021) che è estraneo all’ambito applicativo dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” né fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540; conf. ex plurimis, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME, Rv. 250168). Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa (Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, COGNOME, Rv. 235510). Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugNOME, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234:I.67). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Per le medesime ragioni è inammissibile il secondo motivo, dal momento che, secondo quanto emerge dalle due sentenze di merito, l’impossibilità di ricostruire il patrimonio della società e il movimento degli affari, per effetto delle modalità di tenuta delle scritture contabili, è stata attribuita all’imputato anche in relazione a condotte anteriori alla cessazione dalla carica amministrativa, visto che la valutazione è riferita al periodo successivo al 31 dicembre 2011. E, per quanto possa rilevare (posto che la condotta di bancarotta documentale va apprezzata avendo riguardo al momento della dichiarazione di ‘allimento) anche
la documentazione successivamente consegnata dall’imputato non ha consentito, secondo l’apprezzamento dei giudici di merito, di fornire lumi sulla situazione della società.
Il terzo motivo è inammissibile per la sua assoluta genericità, in quanto si traduce in un’assertiva critica della decisione impugnata.
Il quarto motivo è inammissibile per assenza di specificità, dal momento che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità quando, come nella specie, non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Il quinto motivo è inammissibile, in quanto, innanzi tutto, in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
A fronte della pena irrogata (tre anni di reclusione) non è dato intendere il fondamento della richiesta di sospensione condizionale della pena, esclusa anche in relazione alla circostanza – non oggetto di alcuna contestazione in ricorso che le pene inflitte in precedenza impediscono una ulteriore concessione del beneficio.
Il richiamo all’art. 600 cod. proc. pen., ai fini della richiesta sospensione dell’esecuzione della condanna al pagamento di una provvisionale, rappresenta una spia del carattere meramente reiterativo dell’impugnazione proposta dinanzi alla Corte territoriale, posto che la norma invocata riguarda il giudizio d’appello.
Nessun fondamento ha poi la dedotta prescrizione, posto che il termine ordinario, discendente dall’applicazione degli artt. 157, primo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., è di dodici anni e mezzo e, tenuto conto del tempus commissi delicti (10 aprile 2014), non è ancora spirato.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 16/01/2024