Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14655 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14655 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN CESARIO DI LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, che ha confermato la sentenza del giudice di primo grado con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 455 cod. pen.;
rilevato, altresì, che con il primo motivo di ricorso la Difesa deduce l’avvenuta estinzione del delitto di falso in quanto lo stesso sarebbe prescritto;
ritenuto che esso sia manifestamente infondato, atteso che la pena massima per il delitto di cui all’art. 455 cod. pen. è pari a 8 anni, con conseguente prescrizione massima ex art. 161 cod. pen. pari a 10 anni, di tal che esso si prescrive, stante la decorrenza del termine dal 19 maggio 2015, data di commissione del fatto – il 19 maggio 2025;
rilevato che con il secondo motivo di ricorso la Difesa denunzia l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla nullità del decreto che dispone il giudizio per insufficiente determinazione del fatto ex rt. 429, comma 2, cod. proc. pen.;
ritenuto che esso sia manifestamente infondato, posto che la contestazione del decreto di rinvio a giudizio risulta essere – come anche chiarito dalla Corte di merito – chiara e precisa, non rilevando affatto la mancata indicazione del numero seriale della banconota;
rilevato che con il terzo motivo di ricorso la Difesa denunzia la mancata assoluzione per assenza degli elementi costitutivi del fatto di reato;
ritenuto che esso non sia consentito in sede di legittimità, perché fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e disattese dalle corrette ed esaustive argomentazioni della Corte di merito (si veda, in particolare, pag. 4 della sentenza impugnata);
rilevato che con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denunzia la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena;
ritenuto, quanto al riconoscimento delle attenuanti generiche, che esso sia manifestamente infondato atteso che il giudizio sulla pena è stato congruamente motivato in considerazione delle concrete modalità del fatto, in aderenza ai criteri indicati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
ritenuto, quanto alla sospensione condizionale della pena, che il motivo sia manifestamente infondato atteso che sebbene la Corte di merito abbia fatto
riferimento solo alle circostanze attenuanti generiche, individuando gli elementi ostativi alla loro concessione, il motivo di appello con cui si chiedeva la concessione
del beneficio era del tutto generico e non indicava gli elementi in base ai quali avrebbe meritato la loro concessione (cfr. Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME,
Rv. 258487 – 01, secondo cui il giudice di appello non è tenuto a motivare specificamente sulla richiesta di sospensione condizionale della pena quando
l’interessato si limiti, nell’atto di impugnazione e in sede di discussione, a un generico e assertivo richiamo dei benefici di legge, senza indicare alcune elemento di fatto
astrattamente idoneo a fondare l’accoglimento della richiesta);
rilevato, infine, che con l’ultimo motivo di ricorso la Difesa denunzia la mancata ex
applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto art. 131-
bis cod. pen., non sia consentito in sede di legittimità, perché non risulta dai motivi di appello formulati dall’imputato che il deducente avesse formulato doglianze in ordine al tema dedotto, sicché il motivo deve considerarsi «nuovo» ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26 marzo 2025.