Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34588 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34588  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SPEDICATO NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. laddove entrambi i veicoli oggetto di furto risultavano custoditiparcheggiati in un’area dotata di videosorveglianza attiva e funzionante, il che escludeva l’esposizione alla pubblica fede e con un secondo motivo carenza di motivazione in ordine all’identificazione dell’imputato in assenza di perizia antropometrica.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
2.1. Il primo motivo, quanto alla ritenuta aggravante, come si evince dalla sentenza impugnata e dall’atto di appello del 2.11.2024 a firma dell’AVV_NOTAIO risulta proposto per la prima volta in sede di legittimità.
E la giurisprudenza di questa Corte Suprema è pacifica nel ritenere che non possano essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 4, n. 27110 del 15/9/2020, COGNOME, Rv. 279958, in motivazione, pag. 12; conf. Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632; Sez. 2, n. 13826 del 17/2/2017, COGNOME, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 8/3/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 5, n. 48416 del 6/10/2014, COGNOME, Rv. 261029; Sez. 5, n. 25814 del 23/4/2013, COGNOME Gauthier, Rv. 255577; Sez. 2, n. 22362 del 19/4/2013, COGNOME, Rv. 255940).
Ciò in quanto si deve evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugNOME con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. (così Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316 – 01 che ha ritenuto inammissibile il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, atteso che la relativa questione non era stata prospettata in appello, ove il ricorrente si era limitato a dolersi dell’illegittimo diniego all’imputato del beneficio della pen sospesa).
In altra pronuncia, condivisibilmente, è stato ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia
stata eccepita nemmeno con l’atto di appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante “ex post” (Sez. 3, n. 21920 del 16/5/2012, NOME, Rv. 252773).
E di recente è stato ulteriormente specificato – con un’affermazione che ben si attaglia I caso che ci occupa – che è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2, n. 34044 dei 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306 – 01).
Va, peraltro, rilevato che, diversamente da quanto opina il ricorrente, costituisce ius receptum che, in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157 – 01; conf. Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, dep. 2016, Scalambrieri, Rv. 265808 – 01; Sei. 5, n. 45172 del 15/05/2015, Cacopardo, Rv. 265681 – 01).
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scanditi da necessaria critica analis delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno ampiamente motivato (cfr. pagg. 4-6 della sentenza impugnata) in relazione alla sua identificazione.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorr al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am mende.
Così deciso il 07/10/2025