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Ricorso inammissibile: i vizi della sentenza

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per tentato furto aggravato. L’analisi si concentra sui motivi del ricorso: la qualificazione di un garage come privata dimora, la determinazione della pena in caso di continuazione e i vizi di motivazione, tutti ritenuti manifestamente infondati. La Corte ribadisce i limiti del giudizio di legittimità, che non può riesaminare il merito dei fatti.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi di Appello Non Superano il Vaglio della Cassazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità e sulle ragioni che portano a dichiarare un ricorso inammissibile. Quando un imputato, dopo una condanna in primo e secondo grado, si rivolge alla Corte di Cassazione, non può semplicemente chiedere una nuova valutazione dei fatti. Deve, invece, individuare precisi vizi di legge o di motivazione nella sentenza impugnata. Questo caso dimostra come motivi di ricorso generici o volti a un riesame del merito siano destinati a fallire.

I fatti di causa e i motivi dell’impugnazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per tentato furto aggravato in abitazione e possesso ingiustificato di strumenti atti allo scasso. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basando la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che un garage non potesse essere considerato ‘privata dimora’ ai sensi dell’articolo 624-bis del codice penale.
2. Violazione di legge sulla pena: Lamentava la mancata specificazione, da parte dei giudici di merito, dei criteri utilizzati per calcolare l’aumento di pena dovuto alla continuazione tra due dei reati contestati.
3. Vizio di motivazione: Contestava la sussistenza del reato di possesso di strumenti da scasso, ritenendo la motivazione della sentenza carente e illogica.

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, rigettandoli tutti e dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

L’ordinanza della Suprema Corte è un chiaro esempio di come il giudizio di legittimità non sia un ‘terzo grado’ di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha smontato le argomentazioni della difesa.

La qualificazione del garage come ‘privata dimora’

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la nozione di ‘privata dimora’ è ampia e include non solo l’abitazione, ma anche tutte le sue pertinenze (come garage, cantine, cortili) dove si svolgono atti della vita privata. La doglianza dell’imputato è stata ritenuta manifestamente infondata perché non evidenziava un vizio logico nel ragionamento della sentenza impugnata, ma mirava a una diversa interpretazione della norma, già ampiamente chiarita dalla giurisprudenza.

La determinazione della pena nel reato continuato

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione ha precisato che l’omessa indicazione dei criteri specifici per la determinazione della pena in caso di continuazione non costituisce una nullità della sentenza. Citando una precedente pronuncia (Cass. n. 6853/2009), la Corte ha spiegato che tale omissione integra, al più, una carenza di motivazione. Questo vizio, pur esistente, non è tale da invalidare l’intera sentenza, ma si limita a impedire un controllo puntuale sull’esercizio del potere discrezionale del giudice, senza configurare una violazione di legge che renda nulla la decisione.

I limiti del sindacato sulla motivazione

Il terzo motivo è stato respinto con argomentazioni che definiscono chiaramente i confini del controllo della Cassazione. Non è possibile criticare la sentenza semplicemente perché la sua motivazione non è ritenuta ‘persuasiva’, ‘adeguata’ o ‘rigorosa’. Il ricorso è ammissibile solo se si denuncia una mancanza totale della motivazione, una sua manifesta illogicità o una contraddittorietà palese. Richiedere una ‘diversa comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove’ equivale a chiedere alla Cassazione un nuovo giudizio sui fatti, compito che le è precluso.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso inammissibile è la sanzione per chi tenta di utilizzare la Corte di Cassazione come un giudice d’appello. Le censure devono essere specifiche, tecnicamente fondate su vizi di legittimità (violazioni di legge) o su difetti motivazionali gravi ed evidenti. Non è sufficiente essere in disaccordo con la conclusione dei giudici di merito; è necessario dimostrare che quella conclusione è stata raggiunta attraverso un percorso giuridico o logico errato. L’ordinanza serve quindi da monito: un ricorso efficace deve concentrarsi sui profili di diritto e sui vizi procedurali, non su una sterile riproposizione delle proprie tesi fattuali.

Un garage è considerato ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto?
Sì, la Corte conferma che un garage rientra nella nozione di privata dimora, in quanto pertinenza di un’abitazione dove si possono svolgere atti della vita privata. Il motivo di ricorso su questo punto è stato ritenuto manifestamente infondato.

La mancata indicazione dei criteri per calcolare la pena in caso di reato continuato rende la sentenza nulla?
No. Secondo la Corte, l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena per il reato continuato non configura una nullità della sentenza, bensì una semplice mancanza di motivazione che non ne inficia la validità complessiva.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti. Si può denunciare solo una motivazione mancante, manifestamente illogica o contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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