Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43281 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43281 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte d’appello di Milano
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui in termini del tutto generici si prospettano presunte carenze motivazionali in relazione all’affermazione di responsabilità per il concorso nel reato di truffa e per il reato di lesioni ascritti ricorrente, lamentando invero, una decisione erronea in quanto fondata su una valutazione asseritamente anch’essa erronea delle risultanze probatorie, risulta connotato da indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., oltre che non consentito in questa sede;
che, infatti, il suddetto motivo di ricorso, da un lato, omette di indicare con pertinenza censoria gli elementi di fatto e diritto che sono alla base della censura formulata, non consentendo così al giudice dell’impugnazione di individuare le ragioni a base della propria richiesta ed esercitare il proprio sindacato, e, dall’altro lato, evoca, tra l’altro ancora una volta in termini del tutto vaghi, null’altro che u inesatto apprezzamento del materiale probatorio, senza indicare quali siano nello specifico le prove di cui si adduce l’omessa o erronea valutazione da parte della
Corte territoriale e senza confrontarsi con l’effettivo contenuto della compiuta motivazione offerta dal giudice di primo grado, a cui la sentenza di appello risulta conformarsi e richiamarsi integralmente (cfr. la pag. 2), trascurando tra l’altro il principio secondo cui esule dai poteri della Corte di cassazione, se non in caso di pertinente individuazione di specifici travisamenti, quello di una “rilettura” delle emergenze processuali, la cui valutazione è, dunque, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
osservato che anche gli altri due motivi di ricorso, attinenti all’omessa esclusione della recidiva reiterata (il secondo) e all’eccessivo aumento dell’entità della pena ex art. 81 cod. pen. (il terzo), risultano non consentiti in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondati;
che, infatti, in primis, deve essere precisato il principio secondo cui la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, inoltre, con specifico riguardo alla censura riguardante l’applicazione della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., deve osservarsi come anche questa sia stata prospettata in termini del tutto generici sia per indeterminatezza che per aspecificità, mancando ancora una volta un effettivo confronto con quanto argomentato sul punto dalla Corte territoriale (cfr. la pag. 3 della sentenza impugnata), la quale ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto a esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e precedenti condanne, verificando se e in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice;
che, dunque, in conclusione, il ricorrente ha lamentato un inesistente vizio di motivazione, poiché l’onere argomentativo del giudice anche in punto di trattamento sanzionatorio risulta adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, la richiamata pag. 3 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.