Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3267 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3267 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato,a MODENA il 13/05/2001
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la instaurazion del rito cartolare in appello, oltre ad essere privo dei requisiti di specificità a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., è anche manifestame infondato;
che, invero, si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con i dato normativo di cui all’art. 23-bis, commi 1 e 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, secondo cui la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’interve delle parti, salvo che, nel termine perentorio di quindici giorni liberi dell’udienza, una delle parti private o il pubblico ministero faccia richie discussione orale ovvero che, entro lo stesso termine perentorio, l’imput manifesti la volontà di comparire;
che, di conseguenza, trattandosi di un termine perentorio e, dunque, stabilit a pena di decadenza, il superamento del termine entro cui devono essere formulate le richieste di discussione orale e di partecipazione all’udienza deter il consolidamento della trattazione con forma scritta;
che, peraltro, non risulta alcuna violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost quanto tale disciplina, prevedendo un contraddittorio cartolare e consentendo, richiesta di parte, la trattazione orale, costituisce un valido presidio e vulnus per l’esercizio del diritto di difesa, è indifferentemente applicabile alla pubblica e a quelle private, ed è frutto di una scelta discrezionale del legisl non manifestamente irragionevole o arbitraria;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive, non specificam contestate in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’erronea qualificazione giuridica del fatto in relazione agli artt. 624 e 116 cod. pen. ad essere privo di concreta specificità, non è consentito in sede di legittimità
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza d correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisio impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, né è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravam qualora risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della se complessivamente considerata ed in assenza di deduzioni sulla decisività di que rilievi, ove siano logicamente incompatibili con la decisione adottata;
che, inoltre, le doglianze difensive si basano su assunti relativi ricostruzione dinamica della fattispecie concreta mediante criteri di valutazi diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranea al sindacato del pre giudizio ed avulsa da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisam di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in particolare, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal t del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indica dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia id disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi resta il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio;
che, tuttavia, dal ricorso non emergono i descritti connotati di decisivit rilevanza e/o si censurano supposti travisamenti del fatto o della prova basat elementi che attengono, ex adverso, all’interpretazione dei dati processuali, non sindacabile in questa sede;
che, peraltro, il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcun motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato, nell’atto di appello o almen sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richie specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente id all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontars la redazione di una puntuale motivazione;
che, nel caso in esame, i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fatto, per come ricostruito, nella fattispecie di cui agli artt. 110 e 628, comma, cod. pen., ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento (si veda, in particolare, pag. 3);
osservato che l’ultimo motivo di ricorso, inerente al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, oltre ad essere privo di concreta specificità, è manifestamente infondato;
che, invero, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevol sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un c riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assen elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valut che, nel caso di specie, i giudici dell’appello hanno ampiamente esplicitato con argomentazione esente da criticità giustificative, le ragioni del convincimento (si veda, in particolare, pag. 3);
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rilevato ‘ , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con l condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 3 dicembre 2024.