Ricorso inammissibile: perché la Cassazione respinge l’appello senza analisi critica
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente. È fondamentale che l’atto di impugnazione si confronti direttamente e criticamente con le motivazioni della sentenza che si contesta. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile perché meramente ripetitivo e privo di una vera analisi giuridica. Analizziamo insieme la decisione per capire quali sono i requisiti essenziali di un’impugnazione efficace.
Il Contesto Processuale: dalla Condanna al Ricorso
Il caso ha origine da una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, aggravato e continuato, emessa dal Tribunale e confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due punti principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Chiedeva che il reato venisse riclassificato come fatto di lieve entità (ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti), una fattispecie che prevede pene molto più miti.
2. Esclusione di un’aggravante: Contestava la presenza di una specifica circostanza aggravante (prevista dal comma 6 dello stesso articolo).
Nonostante le richieste, il suo tentativo di ottenere una revisione della condanna si è scontrato con una pronuncia di inammissibilità.
Analisi del ricorso inammissibile secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione non entra nel merito dei fatti, ma valuta la correttezza giuridica delle decisioni precedenti e la validità formale e sostanziale del ricorso. In questo caso, i giudici hanno rilevato due difetti capitali nell’atto di impugnazione, che lo hanno reso un ricorso inammissibile.
1. La Mancanza di Analisi Critica
Il primo e più importante motivo di inammissibilità è stata l’assenza di un confronto reale con le argomentazioni della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione complessa e analitica, spiegando dettagliatamente (nelle pagine 13-35 della sentenza) perché il reato non poteva considerarsi di lieve entità e perché l’aggravante era stata correttamente applicata. L’imputato, nel suo ricorso, ha ignorato queste spiegazioni, senza contestarle punto per punto. La Cassazione, citando precedenti giurisprudenziali (come la sentenza Galtelli delle Sezioni Unite), ha sottolineato che l’impugnazione deve contenere una critica specifica e argomentata della decisione che si attacca, non potendosi limitare a una generica doglianza.
2. La Mera Reiterazione dei Motivi
Strettamente collegato al primo punto, il ricorso è stato giudicato meramente ‘reiterativo’. In altre parole, l’imputato si è limitato a riproporre le stesse identiche obiezioni già presentate e respinte sia in primo che in secondo grado. Questo approccio è processualmente inefficace, poiché la Cassazione non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere all’infinito gli stessi temi. Un ricorso valido deve evidenziare un vizio di legge (come un’errata interpretazione di una norma o un difetto logico palese nella motivazione) nella sentenza d’appello, non semplicemente riaffermare la propria tesi.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto che le censure mosse dall’imputato non fossero ‘scandite da necessaria analisi critica’ delle argomentazioni della sentenza impugnata. I motivi, non confrontandosi con la dettagliata motivazione offerta dai giudici di merito sia sulla qualificazione del reato sia sulla circostanza aggravante, si sono rivelati semplici ripetizioni di doglianze ‘già adeguatamente vagliate’. Per questi motivi, seguendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. A questa declaratoria è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, non ravvisando alcuna ragione per un esonero.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: redigere un ricorso per cassazione richiede rigore tecnico e una strategia precisa. Non è un’opportunità per un terzo processo, ma uno strumento per controllare la legittimità delle decisioni dei giudici di merito. L’atto deve essere costruito come una confutazione argomentata della sentenza impugnata, dimostrando dove e perché il giudice ha sbagliato nell’applicare la legge o nel costruire il suo ragionamento. Proporre un ricorso generico o ripetitivo non solo è inutile, ma comporta anche conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento di spese e sanzioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di argomenti già valutati nei gradi di giudizio precedenti e mancavano di una necessaria analisi critica della motivazione della sentenza d’appello.
Cosa si intende per ‘mancanza di analisi critica’ in un ricorso?
Significa che l’atto di impugnazione non si confronta specificamente con le ragioni giuridiche e logiche esposte dal giudice nella sentenza che si contesta, limitandosi a riproporre le proprie tesi senza spiegare perché la motivazione del giudice sarebbe errata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, senza che la Corte esamini il merito della questione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1356 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1356 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a RIBERA il 26/10/1960
avverso la sentenza del 01/04/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Motivi della decisione
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la pronuncia emessa il 18 ottobre 2019 dal Tribunale di Sciacca, che lo ha condannato per il reato di cui all’art.81, comma 2, 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 commesso in Ribera, Cattolica Eraclea e Montallegro fino al 28 maggio 2014;
considerato che i motivi di censura (omessa qualificazione dei fatti ai sensi dell’art.73, comma 5, T.U. Stup. e omessa esclusione dell’aggravante ex art.73, comma 6, T.U. Stup.) non sono scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
ritenuto che le censure, che non si confrontano con la motivazione offerta alle pagg.14 della sentenza di primo grado e alle pagg.32-33 della sentenza di appello con riguardo alla fattispecie tipica e con la complessa e analitica motivazione offerta alle pagg.13-35 con riguardo alla circostanza aggravante, sono meramente reiterative di doglianze già adeguatamente vagliate;
considerato che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
Il C GLYPH stensore
Il Presidente