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Ricorso inammissibile: i motivi secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di spaccio e associazione a delinquere. La Corte ha stabilito che l’appello era privo del requisito di specificità estrinseca, in quanto non si confrontava con la motivazione della decisione impugnata, ma si limitava a ripetere argomentazioni generiche. La sentenza sottolinea che un ricorso non può essere una mera lamentela, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata dei presunti errori del provvedimento contestato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Specificità dei Motivi secondo la Cassazione

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione scrupolosa ai requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge. Una recente sentenza della Suprema Corte, la n. 11409/2024, ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, confermando la misura cautelare a carico dell’indagato. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere l’importanza della specificità nell’impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava la custodia cautelare in carcere per un soggetto indagato per reati legati al narcotraffico, in particolare per i delitti previsti dagli artt. 73 (cessione di stupefacenti) e 74 (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti) del d.P.R. 309/1990. La difesa dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una serie di vizi tra cui omessa motivazione, violazione di legge e travisamento dei fatti.

I Motivi del Ricorso e la questione del ricorso inammissibile

La difesa ha articolato il proprio ricorso su diversi punti, sostenendo principalmente che il Tribunale del Riesame:

* Non avesse motivato adeguatamente la distinzione tra la singola condotta di spaccio (art. 73) e la partecipazione all’associazione criminale (art. 74).
* Non avesse indicato gli elementi costitutivi del reato associativo, come la stabilità del vincolo, la ripartizione dei ruoli e l’esistenza di una cassa comune.
* Avesse erroneamente qualificato i fatti, che al massimo avrebbero potuto configurare un concorso di persone nel reato di spaccio.

In sostanza, secondo la difesa, mancavano le prove di una struttura organizzata e stabile, elemento essenziale per configurare il più grave reato associativo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile per una ragione fondamentale: il difetto del requisito della specificità estrinseca. Questo significa che il ricorso non si è confrontato in modo puntuale e critico con le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata. Invece di smontare il ragionamento del Tribunale del Riesame, la difesa si è limitata a riproporre le stesse censure già sollevate in precedenza, senza mai citare o analizzare i passaggi specifici della motivazione contestata.

La Suprema Corte ha sottolineato come l’ordinanza del Riesame avesse, al contrario, ampiamente motivato la propria decisione. Il Tribunale aveva descritto gli elementi di fatto, inclusa l’ammissione dell’indagato di aver ceduto stupefacenti in una nota “piazza di spaccio”, e aveva spiegato perché le continue attività di cessione in quel contesto organizzato concretizzassero la partecipazione all’associazione criminale. Il ricorso, ignorando questa dettagliata motivazione, si è rivelato un atto generico e, di conseguenza, inammissibile.

Inoltre, la Corte ha evidenziato l’erroneità di alcuni riferimenti giuridici della difesa, come l’invocazione dell’art. 192 del codice di procedura penale sulla valutazione della prova, una norma che non si applica nella fase delle misure cautelari, dove vige un diverso standard probatorio (quello dei gravi indizi di colpevolezza).

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del processo penale: un’impugnazione, specialmente in sede di legittimità, non può essere una semplice doglianza. Deve essere un’analisi tecnica e mirata, capace di individuare e dimostrare gli specifici errori di diritto o di logica commessi dal giudice precedente. Un ricorso che si limita a ripetere argomenti già esposti o che non si confronta dialetticamente con la decisione impugnata è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione rigorosi, specifici e pertinenti per evitare una pronuncia che precluda l’esame nel merito della questione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per il mancato rispetto del requisito della “specificità estrinseca”. Ciò significa che l’atto di impugnazione non ha criticato in modo puntuale e diretto le argomentazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale del Riesame, ma si è limitato a ripetere censure generiche senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato.

È possibile contestare una misura cautelare usando le stesse regole di valutazione della prova previste per il processo?
No. La sentenza chiarisce che le norme sulla valutazione della prova valide per il dibattimento (come l’art. 192 c.p.p.) non si applicano nella fase cautelare. In questa fase, il giudice valuta la sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza”, un parametro diverso e meno stringente rispetto alla “prova oltre ogni ragionevole dubbio” richiesta per una condanna.

Cosa distingue il reato associativo dal semplice concorso nello spaccio secondo la decisione?
Sebbene la Corte non entri nel merito, essa conferma la validità del ragionamento del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva motivato che la partecipazione all’associazione criminale era desumibile dalla continuità e sistematicità dell’attività di spaccio svolta dall’indagato all’interno di una “piazza di spaccio” strutturata e organizzata, distinguendola così da un episodio isolato di spaccio in concorso con altri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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