Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31432 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 23/11/1955
avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME la memoria difensiva pervenuta il 16/05/2025 e quella del 18/06/2025, quest’ultima da ritenersi tardiva;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 640 cod. pen., non è consentito, poiché non risulta connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione e, dunque, non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si veda pag. 3 della sentenza impugnata ove, con corretti argomenti logici e giuridici, il giudice di appello ha ritenuto pienamente integrati gli elementi costitutivi del delitto ascritto all’odierno ricorrente aderenza alle risultanze processuali);
considerato che l’incameramento del profitto, confluito su una carta intestata al ricorrente costituisce, pertanto, un elemento di decisiva rilevanza al fine della prova della responsabilità per il delitto di truffa, trattandosi di strumento i cu estremi identificativi furono comunicati all’acquirente per il pagamento del prezzo al momento della vendita, circostanza che impone di ascrivere al prevenuto un ruolo essenziale nella consumazione dell’illecito (Sez. 7, ord. n. 24562 del 18/4/2023, Montebello);
osservato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato poiché, come correttamente affermato dal giudice di merito nella sentenza oggetto di ricorso (si veda pag. 1), tenendo conto dell’ordinario termine di prescrizione del delitto di truffa e del periodo di sospensione previsto dalla legge n. 103 del 2017 (Sez. 4, n. 28474 del 10/07/2024, Artusio, Rv. 286811 – 02; Sez. 4, n. 26294 del 12/06/2024, Rosso, Rv. 286653 – 01), non risulta decorso il termine necessario a prescrivere il reato ascritto; che, invero, di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 (quello per cui si procede è contestato come commesso il 08/08/2017) si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017 (Sez. U, n. 20989 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non ancora nnassinnata).
ritenuto che il terzo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in presenza di
una motivazione esente da evidenti illogicità (si veda pag. 3 della sentenza impugnata), anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che facci riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.