Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi d’Appello
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale che i motivi addotti non siano una semplice copia di quelli già discussi in appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile proprio per questa ragione. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere i requisiti di specificità richiesti e le conseguenze della loro mancanza.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di riciclaggio, ai sensi dell’art. 648-bis del codice penale, emessa dalla Corte d’Appello di Torino. L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Insussistenza del reato: L’imputato contestava la correttezza della motivazione riguardo agli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di riciclaggio.
2. Errata qualificazione giuridica: In subordine, chiedeva la derubricazione del reato in quello meno grave di ricettazione o di favoreggiamento reale.
3. Eccessività della pena: Si lamentava una motivazione incongrua riguardo alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto di non poter entrare nel merito di tali questioni, fermandosi a una valutazione preliminare di ammissibilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la condanna dell’imputato è divenuta definitiva. Oltre a ciò, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni dietro un Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto il ricorso. I giudici hanno sottolineato come i primi due motivi non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di argomenti già esposti e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, nelle pagine 4 e 5 della sua sentenza, aveva già fornito una motivazione solida, basata su un articolato compendio probatorio (testimonianze e documenti), per confermare la responsabilità penale per riciclaggio.
Presentare in Cassazione le stesse identiche argomentazioni, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la logica della sentenza d’appello, trasforma i motivi di ricorso in censure “non specifiche ma soltanto apparenti”. Un ricorso di questo tipo non assolve alla sua funzione, che è quella di evidenziare vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti di motivazione) della decisione impugnata, non di ottenere un terzo riesame dei fatti.
La Valutazione sulla Pena
Anche il terzo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato infondato. La Corte ha osservato che la motivazione della sentenza d’appello era congrua e conforme ai principi di legge (artt. 132 e 133 c.p.). Secondo la giurisprudenza costante, il giudice di merito non è tenuto ad analizzare singolarmente tutti gli elementi elencati dall’art. 133 c.p., ma è sufficiente che indichi quelli ritenuti più rilevanti nel suo giudizio discrezionale. Nel caso di specie, la motivazione non presentava alcun vizio logico o giuridico tale da poter essere censurata in sede di legittimità.
Conclusioni: L’Importanza della Specificità nel Ricorso per Cassazione
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi presentati siano specifici, ovvero che attacchino direttamente e in modo argomentato le ragioni giuridiche e logiche esposte nella sentenza impugnata. La semplice riproposizione delle difese già svolte nei gradi precedenti è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta di ulteriori sanzioni economiche.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile per mancanza di specificità?
Un ricorso è considerato inammissibile quando i motivi presentati sono solo apparenti, ad esempio perché si limitano a ripetere meccanicamente le stesse argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica argomentata contro la sentenza impugnata.
È sufficiente riproporre gli stessi motivi dell’appello nel ricorso in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione, come chiarito in questa ordinanza, ritiene tale pratica una “pedissequa reiterazione” che rende il ricorso non specifico e, quindi, inammissibile. Il ricorso deve contenere una critica mirata ai vizi di legittimità della decisione d’appello.
Come valuta la Cassazione la motivazione sulla determinazione della pena?
La Cassazione esercita un controllo di legittimità. Se la motivazione della corte di merito sulla pena è conforme alla legge e ai canoni della logica, e non presenta vizi riconducibili all’art. 606 c.p.p., la Suprema Corte non può intervenire. Non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento dell’art. 133 c.p., ma basta che indichi quelli più rilevanti per la sua decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 200 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 10/09/1977
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen., lamentando l’insussistenza dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pagg. 4-5 della sentenza impugnata (dove si richiama l’articolato compendio probatorio costituito da prove testimoniali e documentali), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che parimenti reiterativo e, pertanto, non consentito, risulta il secondo motivo di ricorso, che deduce la violazione di legge in ordine alla mancata derubricazione del delitto di riciclaggio in quello di ricettazione o d favoreggiamento reale, stante la presenza di una motivazione supportata da corretti argomenti logici e giuridici che, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, applica adeguatamente i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata);
osservato che il giudizio sulla pena, oggetto del terzo motivo di ricorso, è stato congruamente motivato in considerazione delle modalità del fatto, ove si consider che per costante giurisprudenza non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; d’altra parte non è necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che assumono eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo;
che la motivazione della sentenza impugnata in punto di trattamento sanzionatorio (cfr. pag. 7) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.