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Ricorso inammissibile: i motivi non possono ripetersi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione di un ciclomotore. I motivi del ricorso sono stati giudicati manifestamente ripetitivi e infondati, in quanto si limitavano a riproporre questioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, inclusa la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, negata a causa del valore del bene e della personalità negativa dell’imputato.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello Sono Solo Ripetitivi

Nel sistema giudiziario italiano, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve essere esercitato secondo regole precise. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di quando un’impugnazione viene respinta prima ancora di essere esaminata nel merito, ovvero quando si configura un ricorso inammissibile. Il caso analizzato riguarda una condanna per ricettazione di un ciclomotore, dove l’imputato ha visto la sua istanza rigettata perché basata su motivi meramente ripetitivi di argomenti già trattati nel grado precedente.

I Fatti del Caso e la Decisione della Corte d’Appello

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo, emessa dalla Corte d’Appello di Milano, per il reato di ricettazione previsto dall’art. 648 del codice penale. L’accusa era relativa al possesso di un ciclomotore di provenienza illecita. La difesa dell’imputato, nel giudizio di secondo grado, aveva già sollevato specifiche questioni sia sulla prova della sua responsabilità sia sulla possibile applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte d’Appello aveva respinto tali argomentazioni, confermando la condanna con una motivazione dettagliata.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

Nonostante la chiara posizione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali, entrambi duramente censurati dai giudici di legittimità.

Il Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni sulla Responsabilità

Il primo motivo di ricorso contestava la valutazione della Corte d’Appello sul giudizio di responsabilità. La Cassazione, tuttavia, ha liquidato la doglianza come “manifestatamente reiterativa”. In pratica, l’avvocato non ha introdotto nuovi profili di illegittimità della sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e motivatamente respinte nel giudizio d’appello. I giudici hanno sottolineato come la Corte territoriale avesse già spiegato in modo esauriente le circostanze del rinvenimento del bene che ne attestavano il possesso da parte dell’imputato.

Il Secondo Motivo: Un ricorso inammissibile per l’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo, con cui si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ha subito la stessa sorte. La Suprema Corte lo ha definito “manifestamente infondato oltre che reiterativo”. La Corte d’Appello, infatti, aveva già fornito una spiegazione logica e coerente per negare la causa di non punibilità, basandosi su due elementi specifici: il valore non trascurabile del mezzo e la personalità negativa dell’imputato. Riproporre la stessa richiesta senza criticare specificamente la logica della motivazione precedente si è rivelata una strategia processuale inefficace.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse argomentazioni, senza evidenziare vizi specifici di legittimità (come una violazione di legge o un difetto di motivazione palese), non assolve alla sua funzione e viene, di conseguenza, dichiarato inammissibile. Questa decisione riafferma l’esigenza di un approccio tecnico e critico nella redazione dei ricorsi, che devono attaccare la struttura logico-giuridica della decisione precedente, non semplicemente contestarne il risultato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito: per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi di impugnazione presentino elementi di novità e criticità specifica rispetto a quanto già deciso e motivato. La mera riproposizione di tesi difensive già vagliate non solo è inutile ai fini dell’accoglimento del ricorso, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La difesa tecnica deve quindi concentrarsi sull’individuazione di reali vizi di legittimità della sentenza, evitando di trasformare la Corte di Cassazione in un’ulteriore sede per la discussione del merito dei fatti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente ripetitivi e infondati, limitandosi a riproporre argomentazioni già esaminate e respinte in modo motivato dalla Corte d’Appello.

Quali erano le ragioni per cui non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità non è stata applicata a causa di due elementi specifici valutati dalla Corte d’Appello: il valore del ciclomotore rubato e la personalità negativa dell’imputato.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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