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Ricorso inammissibile: i motivi non consentiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento in appello per rapina aggravata. L’ordinanza chiarisce che i motivi proposti erano manifestamente infondati, in particolare riguardo all’obbligo di motivazione sul proscioglimento ex art. 129 c.p.p., alla prescrizione bloccata dalla recidiva e alla sussistenza delle aggravanti.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla disciplina del ricorso inammissibile nel processo penale. La Suprema Corte di Cassazione, con una procedura snella de plano, ha rigettato l’impugnazione di un imputato contro una sentenza di patteggiamento in appello per rapina aggravata. Questo caso evidenzia quali sono i motivi non consentiti e manifestamente infondati che portano a una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze per il ricorrente.

Il Contesto: Patteggiamento in Appello e Ricorso per Cassazione

Il caso origina da una sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, con cui veniva applicata una pena concordata tra le parti (il cosiddetto ‘patteggiamento in appello’) a un soggetto imputato per il reato di rapina aggravata. Nonostante l’accordo sulla pena, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, sollevando tre specifiche censure contro la decisione della Corte territoriale.

I motivi del ricorso si concentravano su presunti vizi della sentenza di secondo grado, tra cui:
1. Il difetto di motivazione per non aver valutato le condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
2. La violazione di legge per la mancata declaratoria di prescrizione del reato.
3. Un’ulteriore violazione di legge relativa alla ritenuta sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite.

La Valutazione della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati, senza mezzi termini, ‘non consentiti e manifestamente infondati’. Questa valutazione ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza nemmeno la necessità di un’udienza pubblica. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha smontato ciascuna delle doglianze difensive.

La questione del proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Il primo motivo di ricorso si basava sull’idea che il giudice d’appello, pur in presenza di un accordo sulla pena, avrebbe dovuto motivare l’assenza delle condizioni per un proscioglimento. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo un principio fondamentale del patteggiamento in appello: a seguito della rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, il giudice del ‘concordato’ non è tenuto a fornire una specifica motivazione sulla non applicabilità dell’art. 129 c.p.p. L’accordo stesso presuppone una rinuncia a contestare la colpevolezza.

L’impossibilità della prescrizione in presenza di recidiva

Il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato altrettanto infondato. La difesa sosteneva che, escludendo la recidiva, il reato sarebbe stato prescritto. La Corte ha però sottolineato che la recidiva reiterata, già riconosciuta in primo grado e confermata in appello con un giudizio di equivalenza rispetto alle attenuanti, produce un effetto ostativo alla maturazione della prescrizione. Questo effetto permane anche se si volesse considerare l’ipotesi meno grave di rapina semplice.

La contestazione dell’aggravante

Infine, anche la censura sulla sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite è stata liquidata rapidamente. La Corte ha semplicemente constatato che tale circostanza era ‘chiaramente contestata in fatto’ nell’imputazione originaria, rendendo la doglianza del tutto pretestuosa.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’applicazione rigorosa dei principi che regolano l’ammissibilità del ricorso per cassazione. La pronuncia ribadisce che il ricorso non può essere utilizzato per rimettere in discussione valutazioni di merito o per sollevare questioni che trovano una chiara e inequivocabile soluzione nel dettato normativo o nella stessa struttura del procedimento. Nel caso del patteggiamento, l’accordo tra le parti sulla pena limita fortemente le possibilità di impugnazione, che non possono vertere su aspetti della responsabilità a cui si è implicitamente rinunciato. La manifesta infondatezza dei motivi, evidente dalla semplice lettura degli atti, giustifica la procedura accelerata de plano e la conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Questa ordinanza serve da monito: il ricorso per cassazione è un rimedio straordinario, non una terza istanza di giudizio. Quando i motivi sono palesemente privi di fondamento giuridico, come in questo caso, la conseguenza è una secca dichiarazione di ricorso inammissibile. Per il ricorrente, ciò non solo conferma la condanna, ma comporta anche un onere economico aggiuntivo: il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in 3.000 euro. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e responsabile prima di intraprendere la via dell’impugnazione davanti alla Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti sono stati ritenuti non consentiti dalla legge e manifestamente infondati, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

In un patteggiamento in appello, il giudice deve motivare perché non proscioglie l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. La Corte ha stabilito che, a seguito della rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, il giudice del concordato non è tenuto a motivare specificamente l’assenza delle condizioni per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

La recidiva ha impedito la prescrizione del reato in questo caso?
Sì. Secondo la Corte, la recidiva reiterata riconosciuta nei gradi di merito, anche se bilanciata come equivalente alle attenuanti, ha l’effetto di escludere la maturazione della prescrizione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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