LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: i motivi generici non bastano

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di condanna per reati legati agli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). I giudici hanno ritenuto i motivi dell’appello troppo generici e assertivi, confermando la completezza e puntualità della motivazione della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Critiche Generiche non Modificano la Sentenza

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti di un’impugnazione efficace. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo presenta. Il caso in esame riguarda un ricorso contro una condanna per reati in materia di stupefacenti, giudicato dalla Suprema Corte come generico e meramente assertivo, e quindi non meritevole di un esame nel merito.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato dalla Corte d’Appello di Venezia per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (il cosiddetto “spaccio di lieve entità”), decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’imputato non contestava la sua colpevolezza, bensì criticava il “complessivo trattamento punitivo” ricevuto, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse viziata.

In sostanza, il ricorrente lamentava che la pena inflitta fosse eccessiva e che i giudici di secondo grado non avessero adeguatamente spiegato le ragioni della loro decisione sanzionatoria.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 19 gennaio 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha due effetti principali e immediati per il ricorrente:

1. La condanna al pagamento delle spese processuali sostenute per il giudizio di legittimità.
2. La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La sentenza della Corte d’Appello è diventata, così, definitiva, senza che la Cassazione entrasse nel merito delle censure sollevate.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso. La Suprema Corte ha stabilito che le critiche mosse alla sentenza impugnata erano “generiche e meramente assertive”. Questo significa che il ricorrente si era limitato ad affermare l’esistenza di vizi nella motivazione senza però indicarli in modo specifico e concreto.

Secondo i giudici di legittimità, un ricorso efficace non può limitarsi a esprimere un dissenso generico con la decisione del giudice precedente. Al contrario, deve:

* Identificare specifici passaggi della motivazione che si ritengono errati o illogici.
* Spiegare perché tali passaggi sono viziati, collegandoli a precisi errori di diritto o a palesi contraddizioni.

Nel caso di specie, la Cassazione ha invece rilevato che una semplice lettura della sentenza d’appello dimostrava come la motivazione fosse “completa e puntuale”. I giudici di merito avevano, infatti, fatto corretto riferimento ai criteri dell’articolo 133 del codice penale, che guidano il giudice nella commisurazione della pena (gravità del danno, intensità del dolo, capacità a delinquere, etc.). Le lamentele del ricorrente, quindi, si traducevano in una semplice richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni: le implicazioni della pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici delle fasi precedenti. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione.

Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito sull’importanza di redigere ricorsi specifici e ben argomentati. Per i cittadini, è la conferma che l’accesso alla giustizia richiede il rispetto di regole precise: contestazioni vaghe e non circostanziate non solo non portano al risultato sperato, ma comportano anche un ulteriore esborso economico. La dichiarazione di ricorso inammissibile, dunque, non è un mero tecnicismo, ma la sanzione per un’impugnazione che non rispetta i requisiti minimi di serietà e specificità richiesti dalla legge.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e meramente assertivi, ovvero non specificavano in modo concreto e puntuale i presunti vizi di motivazione della sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

Cosa ha valutato la Corte di Cassazione riguardo alla sentenza della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza della Corte d’Appello fosse, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, completa e puntuale nella sua motivazione, avendo correttamente applicato i criteri legali per la determinazione della pena, come previsto dall’art. 133 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati