Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8660 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 18/03/1976
avverso la sentenza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 17 gennaio 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale di Termini Imerese del 21 febbraio 2022 con cui NOME Salvatore era stato condannato alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed euro 1.200,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 624-bis, 625 n. 4 cod. pen. (capo 1) e agli artt. 110, 56, 624-bis, 625 n. 2 cod. pen. (capo 2).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale; violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’erronea applicazione della recidiva; violazione di legge e vizio motivazione per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Manifestamente infondata, in primo luogo, è l’introduttiva censura, trattandosi di motivo del tutto generico e aspecifico, inidoneo a rappresentare le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e a confrontarsi in maniera adeguata con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
2.2. In ordine, poi, al secondo motivo, deve essere osservato come esso sia privo di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata (cfr. pp. 6 e s.).
Quest’ultima, infatti, appare lineare e congrua, oltre che priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità.
Essa si conforma, in particolare, ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato, non essendosi limitata a dedurre la pericolosità sociale del prevenuto dal mero fatto descrittivo dell’esistenza di precedenti specifici, ma che ha in concreto esaminato, sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto cui si procede e le precedenti condanne, in particolare verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME, Rv. 270419-01; ma cfr. anche, in termini conformi, Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, P.G., COGNOME, Rv. 247838-01).
2.3. Con riferimento, infine, al conclusivo motivo, deve essere osservato come la motivazione resa dalla Corte di appello ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente