Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28698 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28698 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALESSANDRIA il 08/07/1979
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 17 dicembre 2024 la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 22 giugno 2023 con cui NOME era stata condannata alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 1.100,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: manifesta illogicità della motivazione in ordine al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale, non risultando provata la destinazione allo spaccio della droga detenuta; violazione di legge con riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.; violazione di legge e vizio motivazione con riguardo all’omessa applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria ex art. 20-bis cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima e alla terza doglianza, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale – nella quale sono state adeguatamente evidenziate le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputata (pp. 4 e s.) e di assenza dei presupposti per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (p. 6) – di fatto reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, già vagliate da parte della Corte territoriale.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo
grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una
presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n.
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
2.2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso, dovendo, in proposito, essere osservato come la norma che si assume violata preveda, quali
condizioni applicative (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la no
abitualità del comportamento. Si richiede, pertanto, al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici requisiti» delle modalità della condotta e dell’esiguità
del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art.
primo comma, cod. pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità
dell’offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv.265449-01).
Senza ampliare il tema oltre quanto strettamente attinente al caso concreto, risulta, dunque, alla luce di quanto sopra, che tutti gli indici indica nella sentenza impugnata siano elementi correttamente evidenziati dal giudice di merito per negare la possibilità di sussumere il fatto oggetto di esame nell’ipotesi disciplinata dall’art.131-bis cod. pen. (cfr. p. 5).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
I Presidente