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Ricorso inammissibile: i motivi devono essere specifici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per estorsione. I motivi vengono respinti perché generici, ripetitivi e tesi a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ribadisce che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi

Nel processo penale, presentare un ricorso è un diritto fondamentale, ma deve rispettare precise regole formali e sostanziali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi generici o non pertinenti. Questa ordinanza offre spunti preziosi sulla differenza tra giudizio di merito e giudizio di legittimità e sulla discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in Corte d’Appello per plurimi episodi di estorsione. L’imputato ha contestato la sentenza di condanna basandosi su due motivi principali:
1. Un presunto difetto di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità, sostenendo in particolare l’assenza dell’elemento della minaccia, costitutivo del reato di estorsione.
2. L’esiguità della riduzione di pena concessa, ritenuta non adeguata.

L’Analisi della Cassazione: un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e ha concluso per una declaratoria di inammissibilità del ricorso, fornendo una chiara lezione sulla tecnica di redazione degli atti di impugnazione.

Il Primo Motivo: Genericità e Tentativo di Rilettura dei Fatti

La Corte ha giudicato il primo motivo inammissibile per una duplice ragione. In primo luogo, il motivo è stato considerato privo di specificità. Invece di confrontarsi puntualmente con le argomentazioni logiche e giuridiche esposte dalla Corte d’Appello (pagine 10-12 della sentenza impugnata), il ricorrente si è limitato a riproporre doglianze già esaminate e respinte. La legge processuale (art. 591, co. 1, lett. c, c.p.p.) sanziona con l’inammissibilità la mancanza di correlazione tra le ragioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento del ricorso.

In secondo luogo, e in modo ancora più dirimente, il motivo tendeva a sollecitare una nuova valutazione dei fatti. Il ricorrente chiedeva, in sostanza, alla Cassazione di ‘rileggere’ gli elementi probatori in modo diverso da come aveva fatto il giudice di merito. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito, e la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Il Secondo Motivo: la Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua (a pagina 13 della sentenza) per giustificare la pena inflitta, assolvendo così il proprio onere argomentativo.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi consolidati del nostro ordinamento processuale. L’inammissibilità del ricorso deriva dalla violazione del principio di specificità, che impone al ricorrente un confronto critico e argomentato con la sentenza che intende impugnare. Non è sufficiente limitarsi a riproporre le stesse tesi difensive, ma è necessario dimostrare dove e perché il giudice precedente ha sbagliato nell’applicare la legge o nel motivare la sua decisione. Inoltre, viene riaffermata la netta distinzione tra il giudizio di fatto, di competenza esclusiva dei tribunali di primo e secondo grado, e il giudizio di diritto, riservato alla Corte di Cassazione. Infine, si conferma che la determinazione della sanzione penale è un’attività discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione logica e coerente con i criteri normativi.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. La redazione di un ricorso per cassazione richiede rigore tecnico e la piena consapevolezza dei limiti del giudizio di legittimità. Contestazioni generiche o tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove sono destinati all’insuccesso e comportano, come in questo caso, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione, custode della corretta interpretazione della legge, e il ruolo sovrano del giudice di merito nella ricostruzione del fatto e nella commisurazione della pena.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge, come la specificità dei motivi. Ciò accade se è generico, non si confronta con le ragioni della sentenza impugnata, o è una mera ripetizione di doglianze già respinte.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, ovvero controlla solo la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo grado e appello).

In base a cosa il giudice decide l’entità della pena?
Il giudice di merito determina l’entità della pena esercitando un potere discrezionale, guidato dai criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, quali la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. La sua decisione è legittima se sorretta da una motivazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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