Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Conduce alla Condanna
Nel complesso mondo della procedura penale, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve essere esercitato secondo regole precise. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre uno spunto cruciale per comprendere perché un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma una conferma definitiva della condanna. La vicenda analizzata riguarda un imputato condannato per furto aggravato che ha visto il suo appello respinto non per l’infondatezza delle sue ragioni, ma per il modo in cui sono state presentate.
I Fatti del Processo: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
Il caso ha origine da una sentenza di condanna per il reato di furto aggravato, confermata anche dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnato, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio. Tuttavia, il suo gravame si basava su un unico motivo: la presunta insufficienza della motivazione della sentenza d’appello riguardo alla mancata concessione del minimo della pena.
In sostanza, l’imputato lamentava che i giudici non avessero spiegato adeguatamente perché gli era stata inflitta una pena superiore al minimo previsto dalla legge, pur senza aver raggiunto il massimo.
L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali: genericità e manifesta infondatezza. Questo passaggio è fondamentale per comprendere la rigidità e la precisione richieste dalla legge.
La Genericità e l’Indeterminatezza del Motivo
Il primo ostacolo insormontabile per il ricorrente è stato il mancato rispetto dei requisiti prescritti dall’articolo 581 del codice di procedura penale. Questa norma impone che i motivi di impugnazione siano specifici e indichino chiaramente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Nel caso di specie, il ricorso si limitava a una critica astratta, senza confrontarsi concretamente con la motivazione della sentenza impugnata. Non venivano indicati gli elementi specifici che, a dire del ricorrente, sarebbero stati trascurati dai giudici d’appello. Una censura così formulata impedisce alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo, trasformando il ricorso in un atto sterile.
La Manifesta Infondatezza e il Vizio di Motivazione
Oltre alla genericità, la Corte ha rilevato che il motivo era anche manifestamente infondato. Il vizio di motivazione, che può portare all’annullamento di una sentenza, deve emergere in modo palese dal testo del provvedimento, come una contraddizione logica o una mancanza totale di argomentazione. Nel caso esaminato, la motivazione della Corte d’Appello era stata ritenuta logicamente corretta e solida.
I giudici hanno inoltre precisato che, avendo quantificato la pena in una misura inferiore alla “media edittale” (cioè al punto medio tra il minimo e il massimo), non era necessario fornire ulteriori e più dettagliate giustificazioni, essendo tale scelta di per sé espressione di un corretto esercizio del potere discrezionale del giudice.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su principi cardine del nostro ordinamento processuale. In primo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso non è un mero formalismo, ma una garanzia per il corretto funzionamento della giustizia. Esso assicura che il giudice dell’impugnazione sia messo in condizione di comprendere esattamente quali parti della decisione precedente sono contestate e perché. Un ricorso inammissibile per genericità è la sanzione per la violazione di questo principio.
In secondo luogo, la Corte ribadisce i limiti del proprio sindacato sulla motivazione. La Cassazione non può riesaminare i fatti del processo o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare che la motivazione esista, sia coerente e non manifestamente illogica. La sentenza della Corte d’Appello di Palermo superava ampiamente questo controllo, rendendo l’impugnazione priva di qualsiasi fondamento.
Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Pronuncia
La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha conseguenze molto concrete. Innanzitutto, la sentenza di condanna diventa definitiva e irrevocabile. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Questa pronuncia rappresenta un monito importante: presentare un ricorso in Cassazione richiede un’analisi tecnica approfondita e la formulazione di censure precise e pertinenti. Le impugnazioni basate su motivi generici o pretestuosi non solo sono destinate al fallimento, ma comportano anche un aggravio di spese per chi le propone, confermando la serietà e il rigore richiesti nell’ultimo grado di giudizio.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era generico e indeterminato, violando i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Il ricorrente non ha indicato gli elementi specifici a sostegno della sua critica, impedendo così al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza.
La Corte di Cassazione ha valutato se la pena fosse giusta?
No, la Corte non è entrata nel merito della congruità della pena. La dichiarazione di inammissibilità ha impedito l’esame della questione, poiché il ricorso è stato respinto per ragioni procedurali, ovvero la sua genericità e manifesta infondatezza, prima ancora di poter analizzare il contenuto della doglianza.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4727 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4727 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 02/07/1988
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME Davide ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con cui il ricorrente denunzia l’insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla mancata concessione del minimo della pena, oltre ad essere generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato – è altresì manifestamente infondato, poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto
dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento, il che nel caso in esame non è;
anche l’unico riferimento concreto contenuto nel ricorso alla pena irrogata, non si confronta con la corretta e solida motivazione della Corte territoriale, che quantifica comunque la pena in misura inferiore alla media edittale, ritenendola congrua, il che non richiede ulteriori ragioni di giustificazione, cosicchè la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 4) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ea .. yer ….. er – NOME somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024.