Ricorso inammissibile: La Cassazione ribadisce i requisiti di specificità
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non basta semplicemente dissentire dalla decisione del giudice precedente. È fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e critici verso la sentenza impugnata. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e fornendo chiarimenti cruciali su prescrizione, recidiva e genericità dei motivi. Analizziamo insieme questa importante ordinanza.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’appellante era stato condannato per il reato di cui all’art. 648 c.p. (ricettazione) e contestava la decisione sotto tre profili principali: la mancata dichiarazione di estinzione di un altro reato per prescrizione, la valutazione della sua responsabilità penale e l’eccessività della pena inflitta.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso in tre distinti motivi, ciascuno dei quali è stato attentamente esaminato e respinto dalla Suprema Corte. Vediamo perché.
Primo Motivo: Prescrizione e Recidiva
Il primo motivo contestava la mancata estinzione di un reato per intervenuta prescrizione. La difesa sosteneva che i termini fossero decorsi. La Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. La ragione risiede nell’applicazione della circostanza aggravante della recidiva (art. 99, secondo comma, c.p.).
La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere, si deve tener conto della recidiva contestata e ritenuta in sentenza. È irrilevante che, nel giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti, la recidiva sia stata considerata subvalente o equivalente. La sua semplice presenza è sufficiente ad allungare i termini di prescrizione, rendendo il reato non ancora estinto.
Secondo Motivo: Un ricorso inammissibile per mancata specificità
Il secondo motivo di ricorso attaccava il giudizio di responsabilità per il reato di ricettazione. La Corte ha liquidato anche questa censura, definendola meramente riproduttiva di doglianze già esaminate e respinte con argomenti logici e giuridici corretti dal giudice di merito.
Per la Cassazione, un motivo di ricorso è inammissibile quando non si confronta criticamente con le ragioni della sentenza impugnata. Riproporre le stesse argomentazioni, senza evidenziare vizi logici o giuridici specifici nel ragionamento del giudice d’appello, trasforma il motivo in un’apparente censura, priva di reale contenuto critico.
Terzo Motivo: Genericità nella contestazione della pena
Infine, il terzo motivo lamentava l’eccessività della pena. Anche questo è stato dichiarato inammissibile, ma per genericità. Secondo l’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p., i motivi di impugnazione devono essere specifici.
Nel caso di specie, a fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta logicamente corretta, la difesa non ha indicato gli elementi specifici su cui si fondava la sua censura. Non ha spiegato perché la pena fosse sproporzionata, impedendo così alla Cassazione di individuare i rilievi e di esercitare il proprio controllo di legittimità. Un motivo così formulato non soddisfa i requisiti di legge e conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la gestione della prescrizione in presenza di recidiva è un automatismo legale che non viene meno per effetto del successivo bilanciamento con le attenuanti. In secondo luogo, il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riproporre le medesime questioni di fatto, ma un giudizio di legittimità che verifica la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Infine, l’onere di specificità dei motivi è un requisito essenziale per consentire al giudice dell’impugnazione di comprendere la doglianza e deliberare su di essa. L’assenza di questi elementi rende il ricorso un esercizio sterile, destinato all’inammissibilità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito importante per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione. È necessario costruire un’impugnazione solida, che si confronti punto per punto con la motivazione della sentenza precedente, evidenziandone i vizi specifici. La genericità, la ripetitività e l’errata interpretazione di istituti come la prescrizione portano a un unico risultato: la dichiarazione di ricorso inammissibile e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.
Come viene calcolata la prescrizione in presenza della recidiva contestata?
Ai fini del computo del termine di prescrizione, si deve tener conto della recidiva contestata e ritenuta in sentenza, a nulla rilevando che nel giudizio di comparazione con circostanze attenuanti essa sia stata considerata subvalente o equivalente.
Perché un motivo di ricorso può essere considerato una mera riproduzione di censure già esaminate?
Un motivo di ricorso viene considerato tale, e quindi non specifico, quando si limita a riproporre profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dal giudice di merito, senza un effettivo e critico confronto con le ragioni specifiche esposte nella sentenza impugnata.
Quali requisiti deve avere un motivo di ricorso sulla pena per non essere dichiarato generico e inammissibile?
Secondo l’art. 581, c. 1, lett. c) c.p.p., il motivo deve indicare specificamente gli elementi che sono alla base della censura formulata, permettendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi. Non è sufficiente lamentare genericamente l’eccessività della pena a fronte di una motivazione logicamente corretta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31455 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31455 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 29/03/1983
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la mancata declaratoria di estinzione del reato sub b) per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato essendo stata applicata la circostanza aggravante di cui all’art. 99, comma secondo, cod. pen., anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui «ai fini del computo del termine di prescrizione, occorre tener conto della recidiva contestata e ritenuta in sentenza, a nulla rilevando che, nel giudizio di comparazione con circostanze attenuanti, essa sia stata considerata subvalente o equivalente» (Sez. 2, n. 4178 del 05/12/2018, dep. 2019, Amico, Rv. 274899 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge in ordine al giudizio di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 648 cod. è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi, con corretti argomenti logici e giuridici, dal giudice di merito (si veda pag. 3 d sentenza impugnata), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto privi di un effettivo confronto critico con le ragioni poste a base del decisum;
osservato che il terzo motivo di ricorso, che lamenta l’eccessività della pena irrogata, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 01/07/2025.