Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22911 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22911 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e la memoria depositata;
considerato che tutti i motivi di ricorso, con i quali si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva e la violazione di legge in relazione all’imputabilità del reo, nonché i vizi motivazionali con riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi della rapina e, di conseguenza, alla qualificazione giuridica del fatto, oltre ad essere privi di concreta specificità, non sono consentit in questa sede;
che, invero, la mancanza di specificità dei motivi di ricorso deve essere apprezzata non solo per la loro genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’apparenza degli stessi allorché omettano di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attravers il richiamo all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936; Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285722);
che, peraltro, in tema di giudizio abbreviato, l’imputato che, in seguito al rigetto della richiesta di cui all’art. 438, comma 5, cod. proc. pen., abbia optato per il rito abbreviato “secco”, non può contestare tale rigetto e, nel successivo giudizio di appello, è titolare di una mera facoltà di sollecitazione del potere d integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen.; di conseguenza, la mancata rinnovazione probatoria in appello, relativa all’accertamento peritale, se logicamente e congruamente motivata, è incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di un giudizio di fatto (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585; Sez. 2, n. 13368 del 27/02/2020, COGNOME, Rv. 278826; Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086);
che, nella specie, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuaz
di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio;
che, nel ricorso, si censurano supposti travisamenti del fatto o della prova basati su elementi che attengono, ex adverso, all’interpretazione dei dati processuali, non sindacabile in sede di legittimità;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (Sez. 2, n. 11135 del 22/02/2017, COGNOME, Rv. 269858; Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086; Sez. 6, n. 9543 del 11/04/1980, Arabia, Rv. 145983; Sez. 6, n. 11:777 del 20/06/1978, COGNOME, Rv. 089440), le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 5 e 6);
che l’istanza con la quale si chiede il riconoscimento, in applicazione della recente sentenza della Corte Costituzionale, della diminuente del fatto di lieve entità per la particolare tenuità del danno o del pericolo è inammissibile posto che, a fronte di una rapina con minaccia commessa con armi e con violenza alle persone, il ricorrente non indica alcun elemento in base al quale sarebbe meritevole della suddetta diminuente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.