Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35670 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BONITO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo violazione di legge per quanto concerne l’affermazione di responsabilità, in prirnis sotto il profilo dell’as senza del dolo, con un secondo motivo violazione dell’art. 131 bis cod. pen. laddove la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di applicazione della causa di non punibilità della tenuità del fatto e con un terzo motivo violazione dell’art. 62 bis punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata. ;
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e, quanto al terzo, afferisc al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2.1. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare, con motivazione assolutamente logica, hanno evidenziato come sia inverosimile che l’imputato non avesse contezza dello stato di convivenza della figlia perché tale dato risulta pacificamente dal certificato dello stato di famiglia; o, ancora, che non avesse contezza del reddito percepito dalla medesima (tesi sostenuta dalla Difesa, sulla quale tuttavia l’imputato non ha ritenuto di rendere alcuna dichiarazione). Quanto alla presunta ignoranza della norma tributaria, si versa, evidentemente, come si legge in sentenza, in una ipotesi di ignoranza inescusabile della legge. Del resto, è emerso pacificamente che egli non avrebbe avuto diritto all’ammissione al gratuito patrocinio: è, pertanto, del tutto irrilevante la circostanza secondo l quale qualche mese dopo egli avrebbe avuto titolo per il riconoscimento del beneficio.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia i ricorrenti chiedono una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
2.2. Per la Corte territoriale la condotta non è di minima offensività ai fini dell’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. in quanto egli non avrebbe avuto diritto all’ammissione al gratuito patrocinio; inoltre, come correttamente osservato dal primo giudice, il reddito percepito era di molto superiore rispetto al dichiarato.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, de grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. COGNOME ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da gli elementi di fatto concretamente, realizzati dall’agente».
2.3. Infine, quanto alla pena, nella sentenza impugnata si rileva che la stessa è stata già determinata nel minimo edittale (e, quindi, il giudice di primo grado ha già tenuto conto della non estrema gravità della condotta), ma che nel fatto non emergono, tuttavia, elementi positivi di valutazione ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il provvedimento impugNOME appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolviment dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex
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muitis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024