Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 69/2024, offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa essere bloccata prima ancora di entrare nel merito della questione. Il caso in esame dimostra l’importanza di formulare un ricorso in modo specifico e pertinente, evidenziando i limiti invalicabili del giudizio di legittimità. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. Analizziamo insieme i motivi di questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bologna, ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due principali motivi. In primo luogo, lamentava un’erronea applicazione dell’articolo 81, secondo comma, del codice penale, che disciplina il cosiddetto ‘reato continuato’. In secondo luogo, contestava il trattamento sanzionatorio, ritenendo la pena inflitta non adeguata.
La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero sbagliato nel calcolare la pena complessiva, unificando più reati sotto il vincolo della continuazione. Inoltre, criticava la graduazione della pena, considerata eccessiva rispetto ai fatti contestati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della validità formale e sostanziale dell’impugnazione stessa. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni dietro un Ricorso Inammissibile
La Corte ha spiegato dettagliatamente le ragioni della sua decisione, basandosi su due pilastri del diritto processuale penale.
1. Mancanza di Specificità del Primo Motivo
Il primo motivo di ricorso, relativo all’applicazione del reato continuato, è stato giudicato privo dei requisiti di specificità richiesti dall’articolo 581 del codice di procedura penale. Secondo la Corte, la difesa si è limitata a presentare doglianze generiche, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni puntuali fornite dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata. In pratica, non basta ripetere le stesse lamentele del grado precedente; è necessario spiegare perché la risposta del giudice d’appello sia stata errata in punto di diritto. La mancanza di questo confronto critico rende il motivo vago e, quindi, inammissibile.
2. L’Insindacabilità della Determinazione della Pena
Il secondo motivo, riguardante la quantificazione della pena, si è scontrato con un altro principio fondamentale: la graduazione della sanzione è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti. Il suo compito è solo verificare che la decisione sia supportata da una motivazione sufficiente e non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto a questo onere motivazionale, facendo riferimento agli elementi dell’articolo 133 del codice penale e utilizzando espressioni come ‘pena congrua’ ed ‘equa’. Essendo la pena finale inferiore alla media prevista dalla legge per quel tipo di reato, non era neppure necessaria una motivazione particolarmente dettagliata.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza due lezioni cruciali per chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione. Primo, l’importanza della specificità: i motivi devono essere precisi, dettagliati e devono ‘dialogare’ con la sentenza che si contesta, smontandone le argomentazioni giuridiche. Secondo, i limiti del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o le valutazioni discrezionali del giudice, come la determinazione della pena, a meno che non emerga un vizio logico o un’assenza totale di motivazione. Un ricorso che ignora questi principi è destinato a essere dichiarato inammissibile, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici e non si confrontano criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, violando i requisiti di specificità (art. 581 c.p.p.), oppure quando si contestano valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, che rientrano nella discrezionalità del giudice e sono sorrette da una motivazione sufficiente e non illogica.
È possibile contestare l’entità della pena davanti alla Corte di Cassazione?
No, la determinazione dell’entità della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Non può essere oggetto di ricorso per cassazione, a meno che la motivazione a sostegno sia completamente assente, manifestamente illogica o frutto di un errore di diritto. Una semplice divergenza sulla congruità della pena non è un motivo valido per l’impugnazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale sanzione è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 69 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 69 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CASSANO ALLO IONIO il 19/07/1968
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce l’erronea applicazione dell’art. 81, secondo comma, cod. pen., è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto vengono dedotte doglianze che non tengono conto della puntuale risposta in fatto che è stata fornita dalla Corte di appello all’omologo rilievo articolato con l’atto di gravame di merito, disatteso con corretta argomentazione in diritto (cfr., Sez. 2, n. 37297 del 28/06/2019, C., Rv. 277513) e con cui la difesa omette di confrontarsi criticamente;
ritenuto che il secondo motivo, articolato in punto di trattamento sanzionatorio, è formulato in termini non consentiti in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione della pena – sia con riguardo alla individuazione della pena base che in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previste per le circostanze e per i reati in continuazione – non può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico;
che, invero, considerata la pena inflitta, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (si veda pag. 6);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2023.