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Ricorso inammissibile: i limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La decisione si fonda sul principio per cui un ricorso inammissibile è tale quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, e quando contesta la misura della pena, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed era stata fissata ben al di sotto della media edittale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una porta sempre aperta. Esistono precisi limiti e requisiti procedurali che, se non rispettati, portano a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ribadisce due principi fondamentali: la necessità di una critica specifica alla sentenza impugnata e i confini del sindacato sulla quantificazione della pena.

I Fatti del Caso: Condanna per Stupefacenti

Il caso trae origine dalla condanna di un giovane, trovato in possesso di una quantità rilevante di sostanza stupefacente occultata nei propri indumenti intimi. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena in due anni e otto mesi di reclusione e dodicimila euro di multa.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione lamentando due aspetti principali:
1. Un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. La violazione di legge per l’eccessiva severità della sanzione inflitta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della corretta formulazione dell’impugnazione. L’imputato è stato, di conseguenza, condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni: Analisi sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati, spiegando chiaramente perché i motivi presentati non potevano essere accolti.

La Ripetizione dei Motivi d’Appello

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché si risolveva in una “pedissequa reiterazione” dei motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione chiarisce che il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni. Deve, invece, contenere una critica argomentata e specifica contro la decisione impugnata, evidenziando le ragioni per cui la motivazione del giudice d’appello sarebbe errata. In mancanza di questa correlazione critica, il motivo è considerato non specifico e, quindi, inammissibile. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “lineare e coerente” basata su elementi probatori chiari, come la rilevante quantità di droga e la giustificazione “inverosimile, fantasiosa e illogica” fornita dall’imputato.

La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato respinto. La Corte ricorda che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere è esercitato valutando gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale. Il sindacato della Cassazione su questo punto è limitato: può intervenire solo se la motivazione è assente o manifestamente illogica.
Inoltre, una spiegazione dettagliata sul calcolo della pena è richiesta solo quando questa si attesta su valori “di gran lunga superiori alla misura media edittale”. Nel caso esaminato, la pena finale era “ampiamente al di sotto del medio edittale”, rendendo sufficiente una motivazione anche sintetica, come quella fornita dai giudici di merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due lezioni pratiche di grande importanza. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere un atto tecnicamente raffinato, che non si limiti a ripetere doglianze precedenti ma che si confronti criticamente con la sentenza di secondo grado. In secondo luogo, contestare l’entità della pena in Cassazione è un’operazione complessa e con scarse probabilità di successo, a meno che la sanzione non sia palesemente sproporzionata e la motivazione del giudice di merito manifestamente illogica o assente. La decisione conferma la rigidità dei criteri di accesso al giudizio di legittimità, volto a garantire la corretta applicazione della legge e non a riesaminare i fatti del processo.

Quando un ricorso per Cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, tra le altre cose, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti senza una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, risultando così non specifico ma solo apparente.

La Corte di Cassazione può modificare la quantità della pena decisa dal giudice?
Di norma no. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è assente, manifestamente illogica o contraddittoria, specialmente se la pena è di gran lunga superiore alla media prevista dalla legge per quel reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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