Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30465 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30465 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTAGIRONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Caltagirone del 3 novembre 2022, ha rideterminato la pena a carico di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 19 in anni due e mesi otto di reclusione ed euro dodicimila di multa.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un primo motivo, vizio di motivazione in relazione all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato; con il secondo motivo di gravame, il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine all’eccessivit del trattamento sanzionatorio.
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine al primo motivo di ricorso, va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).Si è altresì precisato che è inammissibile il ricorso per Cassazion quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109).Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di merito ha fornito una motivazione lineare e coerente in ordine agli elementi probatori a carico dell’imputato, ritenendo di condividere le argomentazioni fatte proprie dal primo giudice (nello specifico, veniva sottolineata la circostanza ch l’imputato era stato rinvenuto con una rilevante quantità di sostanza stupefacente in sua disponibilità, occultata all’interno degli slip, rispetto alla quale egli aveva fo una giustificazione inverosimile, fantasiosa e illogica).
Con riferimento al motivo relativo all’entità eccessiva della pena irrogata, va premesso che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assol il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, R 230278). Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferis
attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno ( dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, 12749 del 19/03/2008, Gasparri, Rv. 239754). Peraltro, è necessaria una specifi e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia gran lunga superiore alla misura media editta (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017 ,Rv. 271243;Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596 – 01). Nel caso di specie la pena finale irrogata, è ampiamente al di del medio edittale.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, no sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa del ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024.