Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23155 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale con un primo motivo in relazione all’affermazione di responsabilità ed alla sua individuazione, con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con un terzo motivo in relazione agli operati aumenti di pena. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricors e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno dato conto che all’individuazione del ricorrente in colui che si era qualificato falsamente quale dipendente RAGIONE_SOCIALE ed aveva così guadagnato l’accesso all’abitazione della persona offesa asportandole il portafogli, si è pervenuti non solo attraverso la descrizione che ne ha fatto la parte offesa stessa, ma soprattutto mediante il rilevamento delle impronte digitali lasciate dall’imputato sul foglio fatto firmare dalla derubata oltre che dalla visione delle telecamere di sorveglianza dello sportello bancomat e di quelle del bar Capri poco distante, ove era stato abbandonato il portafoglio rubato.
3.2. Quanto alle restanti doglianze le stesse afferiscono al trattamento punitivo, benché lo stesso sia sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive e il ricorso, in particolare, non si confronta con l’ampia motivazione offerta a sostegno del diniego delle circostanze
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attenuanti generiche (pag. 7 ) negate sul motivato rilievo della particolare odiosità della condotta e del profilo negativo dell’imputato risultante dal certificato penale in atti, non avendo peraltro portato la difesa in valutazione ulteriore positivi ele menti.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo dei costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolviment dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale vaiutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
3.3. Anche la motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
I giudici del gravame del merito, pronunciandosi nei limiti del devoluto, ovvero l’eccessività della pena con riduzione dell’aumento per la continuazione con il reato satellite, hanno peraltro ritenuto fondato il gravame e rimodulato la pena inflitta al COGNOME, riducendola, con un minimo aumento tre mesi di reclusione e 200 € di multa per la continuazione con l’altro delitto contestato.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, rv. 256463).
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Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29/05/2024