Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una strada sempre percorribile. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, delineando i confini invalicabili del giudizio di legittimità. Il caso analizzato riguarda una condanna per ricettazione, ma i principi espressi dalla Suprema Corte hanno una valenza generale e fondamentale per chiunque si approcci al processo penale.
I Fatti del Caso
Una persona veniva condannata dalla Corte d’Appello per il reato di ricettazione, previsto dall’articolo 648 del codice penale. Non accettando la decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi per chiedere l’annullamento della sentenza.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
La Suprema Corte ha analizzato punto per punto le doglianze del ricorrente, bocciandole tutte e dichiarando il ricorso nel suo complesso inammissibile. Vediamo nel dettaglio perché.
Primo Motivo: Genericità e Contrasto con la Giurisprudenza
Il primo motivo contestava la ricostruzione della responsabilità penale. La Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato e generico. In sostanza, le argomentazioni proposte non erano supportate da solidi riferimenti di fatto e di diritto, ma si limitavano a presentare tesi in palese contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza. Questo è un errore comune: non basta dissentire, bisogna dimostrare una specifica violazione di legge.
Secondo Motivo: La Deduzione Tardiva delle Attenuanti
Il ricorrente lamentava la mancata applicazione di una circostanza attenuante specifica (il danno di particolare tenuità). La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile per una ragione puramente procedurale: la questione non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ossia nell’atto di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale è chiaro: non si possono presentare in Cassazione motivi che non siano già stati dedotti in appello.
Terzo e Quarto Motivo: Il Ricorso Inammissibile per Valutazioni di Merito
Gli ultimi due motivi riguardavano il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’eccessività della pena. Anche in questo caso, il ricorso inammissibile è stato confermato. La Cassazione ha ribadito un principio cardine: la valutazione sulla concessione delle attenuanti e sulla commisurazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudice di legittimità può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o del tutto assente, cosa che non si è verificata nel caso di specie. La Corte d’Appello aveva, infatti, fornito una spiegazione congrua e logica per le sue decisioni.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su una distinzione cruciale tra ‘giudizio di merito’ e ‘giudizio di legittimità’. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ dove si può ridiscutere l’intero processo. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Per questo motivo, sono stati respinti:
1. I motivi generici, perché non pongono una vera questione di diritto.
2. I motivi ‘nuovi’, perché il processo deve seguire un ordine prestabilito e le questioni devono essere sollevate nei tempi e modi corretti.
3. I motivi che richiedono una nuova valutazione dei fatti (come la quantificazione della pena o l’opportunità di concedere le attenuanti), perché tale attività è riservata esclusivamente ai giudici di merito.
La Corte ha sottolineato che il giudice non è tenuto a confutare analiticamente ogni singolo elemento a favore dell’imputato, ma è sufficiente che indichi gli elementi ritenuti decisivi per la sua scelta, superando implicitamente tutti gli altri.
Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza
Questa ordinanza è un vademecum su come non si deve impostare un ricorso per Cassazione. La lezione è chiara: per avere una speranza di successo, un ricorso deve essere specifico, tecnicamente ineccepibile e concentrarsi su reali violazioni di legge o vizi logici macroscopici della motivazione. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti o contestare scelte discrezionali ben motivate del giudice di merito porta quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, proponevano questioni non sollevate nel precedente grado di appello, o chiedevano alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti (come l’entità della pena e la concessione di attenuanti), attività che esula dalle sue competenze di giudice di legittimità.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, non è possibile contestare l’entità della pena in Cassazione se la decisione del giudice di merito è basata su una motivazione logica e adeguata. La graduazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o assente.
Cosa succede se un motivo di ricorso non viene sollevato in appello?
Se un motivo di ricorso non viene specificamente presentato nell’atto di appello, non può essere introdotto per la prima volta in Cassazione. La legge (art. 606, comma 3, c.p.p.) prevede che tale motivo sia inammissibile, per garantire un corretto e ordinato svolgimento dei gradi di giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35070 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35070 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/04/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che lamenta violazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. pen., in riferimento alla affermazione responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., oltre ad essere generico perc propone deduzioni generje prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto c sorreggono le richieste, è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016, Rv. 268643; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Rv.270120);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità per la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen.;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche cui cui all’art. 62 bis cod. pen., oltre ad esse reiterativo di doglianze già proposte e puntualmente disattese dalla Corte di merito, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si vedano in particolare pagg. 3-5 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione dell attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da valutazione;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merit che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nell specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si vedano, in particolare pag. della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12/09/2025