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Ricorso inammissibile: i limiti dell’appello penale

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per detenzione di stupefacenti. La decisione si fonda su due principi cardine: la non ammissibilità in sede di legittimità di censure puramente fattuali sulla ricostruzione dei fatti e l’impossibilità di sollevare per la prima volta in Cassazione questioni non dedotte con l’appello, come l’applicazione della particolare tenuità del fatto, in virtù del principio devolutivo.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi in materia penale, chiarendo i confini tra questioni di fatto e questioni di diritto. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, evidenziando errori procedurali che hanno precluso l’esame nel merito. Analizziamo come e perché i giudici sono giunti a questa conclusione.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, ricondotto all’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. La violazione di legge e la mancanza di motivazione riguardo alla prova che la droga sequestrata fosse a lui riconducibile.
2. La mancata valutazione d’ufficio, da parte della Corte d’Appello, dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso integralmente inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su solidi principi di procedura penale che limitano l’ambito del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziandone la natura puramente procedurale dei vizi.

Primo Motivo: Le Doglianze di Fatto non Ammesse in Cassazione

Il primo motivo è stato considerato inammissibile perché si risolveva in una ‘mera doglianza in punto di fatto’. Il ricorrente, infatti, non contestava un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della Corte d’Appello, ma tentava di proporre una diversa ricostruzione dei fatti. La sentenza di merito aveva logicamente attribuito la droga all’imputato sulla base del fatto che egli dimorava nella villetta dove era stata rinvenuta. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice’ del fatto, ma di un giudice della legittimità, che verifica solo la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione, senza poter riesaminare le prove.

Secondo Motivo e il Principio Devolutivo: un ostacolo al ricorso inammissibile

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. Il ricorrente si lamentava della mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ma la stessa ordinanza evidenzia che egli non aveva mai sollevato tale questione nel precedente grado di giudizio, cioè nell’atto di appello. Qui entra in gioco il ‘principio devolutivo dell’appello’: il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo sui punti della sentenza impugnata che sono stati oggetto di specifica critica. Se una questione non viene sollevata con l’appello, si intende che l’imputato l’abbia accettata, e non può essere proposta per la prima volta in Cassazione. La Corte territoriale, pertanto, non aveva alcun obbligo di motivare sul punto.

Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

Questa ordinanza è un monito fondamentale sull’importanza della strategia processuale. Dimostra che un ricorso per cassazione, per avere successo, deve concentrarsi su vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o motivazioni palesemente illogiche o contraddittorie) e non su un riesame dei fatti. Inoltre, sottolinea l’importanza di sollevare tutte le questioni difensive pertinenti già nel primo atto di impugnazione utile, l’appello. Omettere un motivo di gravame in appello ne preclude, di norma, la discussione in Cassazione, rendendo il successivo ricorso inammissibile e comportando, oltre alla conferma della condanna, ulteriori spese per il ricorrente.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Può controllare solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare le prove per fornire una diversa ricostruzione dei fatti, a meno che non si denunci un vizio specifico come il ‘travisamento della prova’, che in questo caso non è stato sollevato.

Cosa succede se un motivo di difesa, come la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, non viene presentato nell’atto di appello?
In base al principio devolutivo dell’appello, la questione non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione. Il giudice d’appello esamina solo i punti della sentenza che sono stati specificamente contestati. Se una difesa non viene proposta in quella sede, la Corte d’Appello non ha l’obbligo di valutarla e la questione non potrà essere validamente dedotta nel successivo ricorso.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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