Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi in materia penale, chiarendo i confini tra questioni di fatto e questioni di diritto. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, evidenziando errori procedurali che hanno precluso l’esame nel merito. Analizziamo come e perché i giudici sono giunti a questa conclusione.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, ricondotto all’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. La violazione di legge e la mancanza di motivazione riguardo alla prova che la droga sequestrata fosse a lui riconducibile.
2. La mancata valutazione d’ufficio, da parte della Corte d’Appello, dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso integralmente inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su solidi principi di procedura penale che limitano l’ambito del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziandone la natura puramente procedurale dei vizi.
Primo Motivo: Le Doglianze di Fatto non Ammesse in Cassazione
Il primo motivo è stato considerato inammissibile perché si risolveva in una ‘mera doglianza in punto di fatto’. Il ricorrente, infatti, non contestava un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della Corte d’Appello, ma tentava di proporre una diversa ricostruzione dei fatti. La sentenza di merito aveva logicamente attribuito la droga all’imputato sulla base del fatto che egli dimorava nella villetta dove era stata rinvenuta. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice’ del fatto, ma di un giudice della legittimità, che verifica solo la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione, senza poter riesaminare le prove.
Secondo Motivo e il Principio Devolutivo: un ostacolo al ricorso inammissibile
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. Il ricorrente si lamentava della mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ma la stessa ordinanza evidenzia che egli non aveva mai sollevato tale questione nel precedente grado di giudizio, cioè nell’atto di appello. Qui entra in gioco il ‘principio devolutivo dell’appello’: il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo sui punti della sentenza impugnata che sono stati oggetto di specifica critica. Se una questione non viene sollevata con l’appello, si intende che l’imputato l’abbia accettata, e non può essere proposta per la prima volta in Cassazione. La Corte territoriale, pertanto, non aveva alcun obbligo di motivare sul punto.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza
Questa ordinanza è un monito fondamentale sull’importanza della strategia processuale. Dimostra che un ricorso per cassazione, per avere successo, deve concentrarsi su vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o motivazioni palesemente illogiche o contraddittorie) e non su un riesame dei fatti. Inoltre, sottolinea l’importanza di sollevare tutte le questioni difensive pertinenti già nel primo atto di impugnazione utile, l’appello. Omettere un motivo di gravame in appello ne preclude, di norma, la discussione in Cassazione, rendendo il successivo ricorso inammissibile e comportando, oltre alla conferma della condanna, ulteriori spese per il ricorrente.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Può controllare solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare le prove per fornire una diversa ricostruzione dei fatti, a meno che non si denunci un vizio specifico come il ‘travisamento della prova’, che in questo caso non è stato sollevato.
Cosa succede se un motivo di difesa, come la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, non viene presentato nell’atto di appello?
In base al principio devolutivo dell’appello, la questione non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione. Il giudice d’appello esamina solo i punti della sentenza che sono stati specificamente contestati. Se una difesa non viene proposta in quella sede, la Corte d’Appello non ha l’obbligo di valutarla e la questione non potrà essere validamente dedotta nel successivo ricorso.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12311 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME, condannato alle pene di legge per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti ricondotto all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, t deduce, con il primo motivo di ricorso, la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. e la manc di motivazione in ordine alle specifiche censure svolte con l’appello circa il difetto di prov riconducibilità a sé dello stupefacente sequestrato e, con il secondo motivo, la violazione dell 131 bis cod. pen. per non aver la Corte territoriale valutato d’ufficio la sua applicabilità a di specie;
Considerato che il primo motivo è inammissibile perché concernente mere doglianze in punto di fatto, avulse da specifiche contestazioni di travisamenti probatori e ripetitive di di censura adeguatamente vagliati e disattesi con non illogica motivazione della Corte territori avendo la sentenza ricondotto all’imputato lo stupefacente sequestrato nella villetta sul ril che lo stesso ivi dimorasse con la compagna, essendo del tutto congetturale – e sfornita d agganci alle prove assunte, che non vengono evocati – l’ipotesi che la droga potesse invece appartenere, senza che l’imputato vi avesse concorso, a terzi non meglio identificati;
Rilevato, quanto al secondo motivo, che il ricorrente riconosce di non aver dedotto al proposito motivo di gravame o comunque richiesto l’applicazione dell’istituto, sicché, stant principio devolutivo dell’appello, sulla Corte territoriale non gravava alcun onere di motiva sul punto, né il generico ricorso indica le ragioni per cui sarebbero nella specie ravvisab elementi costitutivi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26 gennaio 2024.