Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14339 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Napoli il 23/05/1961
avverso la sentenza del 03/06/2024 della Corte di appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Treviso del 7 luglio 2022, che aveva condannato, tra gli altri, l’imputato NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1), 3), 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 27 (salvo che per la fattura d 23 aprile 2010), 28 (salvo che per la fattura del 23 aprile 2010) ed in particolare dichiarava l’incompetenza per territorio del Tribunale di Treviso in favore di quello
di Vicenza per alcuni imputati, assolveva l’imputato dal reato di cui al capo 28), perché il fatto non costituisce reato e dichiarava non doversi procedere nei confronti del medesimo in ordine ai reati di cui ai capi 3), 6), 8), 11), 13), 14) 27) per i fatti commessi fino all’il. novembre 2013 perché estinti per prescrizione, rideterminando la pena per i residui reati (capi 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 1 14, 15, 16, 17, 18, 27) in anni tre, mesi dieci e giorni quindici di reclusione confermando nel resto.
All’imputato erano stati contestati molteplici reati commessi in qualità di Capitano della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza e, per quel che interessa il presente giudizio, consistiti nell’abusivo accesso all’Anagrafe tributaria (art. 615-ter cod. pen.: capi 1, 5, 7, 9, 12, 14, 15 16 e 17), nella corruzione ex art. 319 cod. pen. (capi 2 e 18), nella rivelazione di segreti di ufficio sia tentata (art. 56, 326 cod. pen.: capo 3) che consumata (art. 326 cod. pen.: capi 6, 8, 11 e 13), nella induzione indebita a dare e promettere utilità (art. 319-quater cod. pen.: capo 27) e nel concorso nella emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000: capo 28).
In particolare, i capi 1) e 2) erano commessi in concorso con NOME COGNOME, il capo 5) in concorso con NOME COGNOME, il capo 7) in concorso con NOME COGNOME e per tali reati erano stati in primo grado tutti condannati.
La Corte di appello accoglieva l’eccezione di incompetenza sollevata tempestivamente dai suddetti coimputati, in quanto i reati a loro ascritti erano stati tutti commessi a Vicenza e non potendosi per costoro applicare la regola ex art. 16 cod. proc. pen., (che aveva attratto la competenza territoriale a Treviso, dove si era consumato il primo reato tra quelli più gravi, da identificarsi in quell sub capo 18).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 21 e 587 cod. proc. pen.
Solo per gli altri imputati la Corte di appello dichiarava l’incompetenza territoriale, sebbene gli stessi fossero concorrenti nei medesimi reati ascritti a ricorrente: NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1) e 2): NOME COGNOME per il reato di cui al capo 5); NOME COGNOME per il reato di cui al capo 7).
La Corte di appello, nell’accogliere l’eccezione di incompetenza sollevata da questi imputati, ha scisso le posizioni processuali che dovevano rimanere riunite davanti allo stesso giudice e non ha applicato la regola dell’effetto estensivo della impugnazione.
Il reato sub 18) è certamente meno grave di quello indicato al capo 2).
Pertanto, la Corte di appello non poteva giudicare il ricorrente per i reati di competenza del Tribunale di Vicenza.
2.2. Vizio di motivazione per i capi 1), 5), 7).
In tutti e tre casi l’ipotesi delittuosa è data dal P.M. con motivazione cumulativa senza specificare le singole posizioni e situazioni dei singoli concorrenti, le informazioni ricevute e la consapevolezza che tali informazioni dovessero provenire da una banca dati riservata. Le trascrizioni sono generiche quanto a tali informazioni. Tutti andavano pertanto assolti.
2.3. Vizio di motivazione per i capi 9), 12), 15), 16) e 17).
I reati di cui all’art. 615-ter cod. pen. indicati nei capi che precedono erano commessi in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambi usciti dal processo il primo perché assolto e il secondo per patteggiamento.
Le informazioni che si assumono riservate erano del tutto normali e facilmente reperibili in archivi accessibili a chiunque.
2.4. Vizio di motivazione per i capi 2) e 10).
Era emerso dall’istruttoria dibattimentale il rapporto di amicizia tra il ricorrente e NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Non si comprende pertanto la ritenuta messa a disposizione del ricorrente, trattandosi soltanto di espressione di amicizia tra loro. In ogni caso non vi fu nessun comportamento atto ad influenzare gli agenti della Polstrada o tentativo di depistagg io.
2.5. Vizio di motivazione per il capo 27).
Anche per questo reato non vi è alcuna certezza della colpevolezza del ricorrente, non vi è motivazione sulla sua volontà, nessuno ha confermato la percezione effettiva delle somme (né mai uscite dai conti delle controparti), manca la motivazione sull’induzione.
La difesa in vista dell’udienza pubblica ha depositato una memoria con la quale ha rappresentato che:
risultano allo stato prescritti i reati di cui al capo 2) (alla data del 20 gennai 2025), al capo 22) (alla data del 25 maggio 2021), al capo 26) (alla data del 23 maggio 2021).
restano, pertanto, in discussione i reati previsti ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 6 7), 8), 9), 12), 14), 15), 16), 17), da trasferire, come richiesto, per competenza al Tribunale di Vicenza;
non sono prescritte le fattispecie di cui ai capi 18) e 27).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in tutte le sue articolazioni.
L’eccezione di incompetenza è manifestamente infondata e avanza anche profili preclusi, oltre che generici.
In primo luogo, non viene in discussione il principio degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di appello riferito all’incompetenza per territorio che si estendono al coimputato non appellante o che abbia impugnato per motivi diversi.
La Corte di appello ha infatti spiegato che la statuizione di incompetenza territoriale non poteva estendersi al ricorrente, in quanto la competenza territoriale per i reati allo stesso ascritti derivava dall’applicazione di una rego diversa, ovvero dall’attrazione della competenza territoriale dei reati commessi in Vicenza in quella, ex art. 16 cod. proc. pen., del primo tra i reati più gravi, da identificarsi in quello del capo 18).
Quindi nessun effetto favorevole poteva derivare al ricorrente ex art. 587 cod. proc. pen.
Né la statuizione in favore dei concorrenti consente al ricorrente di riaprire i termini per porre in discussione la regola di competenza a lui applicata, che deve invece ritenersi questione oramai preclusa, oltre che formulata in termini del tutto generici (quanto alla gravità del reato sub 2).
Il secondo motivo, relativo al vizio di motivazione per i capi 1), 5), 7) è inammissibile per plurimi profili.
In primo luogo, in via assorbente, va rilevato che nessuna censura era stata mossa in appello sia in ordine alla genericità delle suddette imputazioni, sia in merito alla ritenuta responsabilità del ricorrente per tali capi (il ricorrente avev soltanto contestato per i capi 1 e 5 la aggravante di cui al terzo comma dell’art. 615-ter cod. pen., trattandosi di accessi al sistema RAGIONE_SOCIALE).
In ogni caso, le censure per i capi 1) e 5) risultano anche aspecifiche, là dove contestano la tipologia di accesso, posto che la Corte di appello ha spiegato, nell’affrontare il punto dell’aggravante, come si sia pervenuti ad accertare l’accesso abusivo al sistema riservato e di pubblico interesse dell’Anagrafe tributaria, ovvero incrociando i dati della consulenza tecnica con quelli emergenti dalle intercettazioni.
Anche il terzo motivo, avente ad oggetto il vizio di motivazione per i cap . 9), 12), 15), 16) e 17), è parimenti precluso, in quanto anche per tali ca i i
ricorrente non aveva mosso censure in ordine alla penale responsabilità, ma soltanto per tali capi il punto dell’aggravante, e comunque anche aspecifico, rispetto alla risposta fornita dalla Corte di appello, sopra sintetizzata.
Il quarto motivo, che deduce vizio di motivazione per i capi 2) e 10), è in parte precluso (per la penale responsabilità per il capo 10 alcuna censura era stata mossa in appello) e in parte aspecifico (per il capo 2).
In particolare, quanto al capo 2), il ricorrente si limita a considerazioni di puro fatto, senza confrontarsi minimamente con la motivazione della sentenza impugnata che ha affrontato, con argomenti specifici, le questioni in questa sede, meramente reiterate.
Anche il quinto motivo, relativo a vizio di motivazione per il capo 27), avanza precluse questioni, non avendo il ricorrente proposto censure in appello sulla ritenuta responsabilità.
Quanto, infine, alla memoria che solleva la questione della prescrizione di taluni reati, va rilevato che il ricorrente ha fatto riferimento a reati (capo 22 e cap 26) che neppure hanno riguardato il ricorrente (il P.M. all’udienza preliminare aveva espunto infatti il ricorrente dalle relative imputazioni e la sentenza di primo grado ha dato atto alle pagg. 72 e 75 che tali capi non riguardavano il ricorrente).
Per i restanti reati, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, non va in ogni caso rilevata la prescrizione, intervenuta dopo la pronuncia di secondo grado.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 31/01/2025.