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Ricorso inammissibile: i limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto in abitazione. La Corte ribadisce di non poter riesaminare i fatti o la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, se la motivazione della sentenza impugnata è logica e corretta. Il ricorso viene rigettato con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, confermando che un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando si tenta di trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di merito. Il caso riguarda un imputato condannato per furto in abitazione che ha cercato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e della pena, scontrandosi con i principi cardine del nostro ordinamento processuale.

I Fatti del Processo

Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo per due episodi di furto in abitazione. La condanna, pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare di Firenze a seguito di un giudizio celebrato con rito abbreviato, è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali.

I Motivi del Ricorso e il Conseguente Ricorso Inammissibile

L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi, entrambi giudicati infondati dalla Suprema Corte.

Contestazione della Responsabilità Penale

Il primo motivo mirava a contestare l’affermazione della sua responsabilità penale per uno dei due capi d’imputazione, per il quale non aveva reso confessione. Il ricorrente, di fatto, chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa ricostruzione dei fatti, basata su criteri di valutazione alternativi rispetto a quelli adottati dal giudice di merito.

Critica alla Determinazione della Pena

Con il secondo motivo, l’imputato lamentava un vizio di motivazione riguardo alla mancata riduzione della pena. La critica era rivolta alla discrezionalità esercitata dal giudice nel quantificare la sanzione, sia per quanto riguarda la pena base sia per l’applicazione delle circostanze aggravanti e attenuanti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo netto le ragioni del rigetto e riaffermando i confini del proprio potere giurisdizionale.

Il Divieto di ‘Rilettura’ dei Fatti

In risposta al primo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di legittimità non ha il potere di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto che sono a fondamento della decisione impugnata. La valutazione delle prove e la ricostruzione della vicenda storica sono compiti esclusivi del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza è manifestamente illogica, contraddittoria o giuridicamente errata, vizi che in questo caso non sono stati riscontrati. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta esente da difetti e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.

La Discrezionalità nella Graduazione della Pena

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha sottolineato che la graduazione della pena, ai sensi degli articoli 132 e 133 del codice penale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi di legge. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto adeguatamente al suo onere di motivazione, facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi per la quantificazione della pena. Non spetta alla Cassazione sostituire la propria valutazione a quella, motivata, del giudice che ha esaminato il merito della causa.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza è un importante promemoria per chi intende adire la Corte di Cassazione. Un ricorso, per avere speranza di essere accolto, deve concentrarsi su precise violazioni di legge o su vizi logici macroscopici della motivazione. Non può essere uno strumento per richiedere una terza valutazione del materiale probatorio o per contestare l’entità di una pena decisa discrezionalmente ma non arbitrariamente dal giudice. La decisione si traduce nella condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova ‘rilettura’ degli elementi di fatto, valutazione che è riservata in via esclusiva al giudice di primo e secondo grado. Può annullare una sentenza solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o viola la legge.

È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa dal giudice?
No, non se la critica riguarda la mera discrezionalità del giudice. La graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la esercita secondo i criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che il giudice ha esercitato tale potere in modo arbitrario o con una motivazione assente o manifestamente illogica.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. La conseguenza per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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