Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12923 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12923 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ASTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 110, 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 5 cod. pen. (fatti commessi in Casorate Primo il 25 settembre 2019, in Alessandria – Frazione San Michele il 25 settembre 2019, in Guarene il 5 ottobre 2019, in Rottofreno – San Nicolò a Trebbia il 9 ottobre 2019, in Zinasco Vecchio il 9 ottobre 2019, in Pontenure il 9 novembre 2019, in Castelvetro Piacentino il 10 novembre 2019, in Montebello della Battaglia il 10 novembre 2019, in Copiano il 30 novembre 2019, in Incisa Scapaccino il 1 dicembre 2019), artt. 110, 61, comma 1, n. 2 e 648 cod. pen. (fatto commesso in luogo sconosciuto in data anteriore al 25 settembre 2019) e artt. 110, 61, comma 1, n. 2 e 424 cod. pen. (fatto commesso in Garlasco – Cascina Scalina il 9 ottobre 2019), dichiarando di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai furti commessi in data 25 settembre 2019 in Casorate Primo, 9 ottobre 2019 in Rottofreno – San Nicolò a Trebbia e 10 novembre 2019 in Montebello della Battaglia, in quanto l’azione penale non poteva essere proseguita per difetto di querela, ed assolvendolo dai reati di cui agli artt. 110, 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 5 cod. pen. commessi il 25 settembre 2019 in Alessandria – Frazione San Michele, il 5 ottobre 2019 in Guarene e il 9 ottobre 2019 in Zinasco Vecchio, e dai reati di cui agli artt. 110, 61, comma 1, n. 2 e 648 cod. pen. e artt. 110, 61, comma 1, n. 2 e 424 cod. pen. per non aver commesso il fatto, con conseguente rideterminazione della pena e riduzione dell’importo risarcitorio liquidato in favore della parte civile costituita;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, che denuncia il vizio di motivazione, non è consentito in questa sede, giacché, tramite argomentazioni interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di responsabilità, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, ictu ocull di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da alcuna illogicità di macroscopica evidenza (vedasi pagg. 15 – 18 della sentenza impugnata);
– che il secondo motivo, con il quale ci si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, è articolato senza tener conto che, per diritto vivente, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931) (vedasi pagg. 20 e 21 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha escluso la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche non solo in ragione della contestata e ritenuta recidiva, ma anche del contegno processuale mantenuto dall’imputato, positivamente apprezzabile in termini di generica collaborazione, ma scevro da ammissioni di responsabilità e, quindi, tale da non avere apportato alcun utile contributo alla ricostruzione dei fatti);
– rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente