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Ricorso inammissibile: i limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3870/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il ricorrente aveva chiesto una rilettura delle prove, attività preclusa alla Suprema Corte. La decisione sottolinea anche l’importanza della specificità dei motivi di ricorso, pena la loro genericità e conseguente inammissibilità.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Prove Non Si Possono Più Discutere

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel sistema giudiziario italiano. Tuttavia, non tutte le doglianze possono essere portate all’attenzione della Suprema Corte. Una recente ordinanza ha ribadito con forza i paletti procedurali, dichiarando un ricorso inammissibile perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i confini precisi del giudizio in Cassazione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ne aveva confermato la responsabilità penale per una serie di reati, tra cui quello associativo. L’imputato, attraverso i suoi difensori, ha articolato diversi motivi di ricorso. I primi cinque motivi criticavano la motivazione della sentenza d’appello riguardo alla valutazione delle prove che avevano portato alla sua condanna per specifici capi d’imputazione. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione di riconsiderare gli elementi probatori e di giungere a una conclusione diversa. Un sesto motivo, invece, contestava la fondatezza dell’accusa di partecipazione a un’associazione a delinquere, ma in termini ritenuti troppo vaghi.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito delle accuse, ma si è fermata a un livello procedurale, stabilendo che le richieste avanzate non potevano trovare accoglimento in quella sede. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e si fondano su due pilastri fondamentali della procedura penale che regolano il giudizio di legittimità.

1. Il Divieto di Rivalutazione del Merito

La Corte ha spiegato che i primi cinque motivi di ricorso erano inammissibili perché proponevano una “rilettura dei dati probatori”. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare i fatti e le prove. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza impugnata. Non può, come richiesto dal ricorrente, “sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi”.

Citando un principio consolidato (espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza Jakani del 2000), la Corte ha ribadito di non poter nemmeno saggiare la tenuta logica della pronuncia confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento. Se la motivazione del giudice d’appello è logica e coerente, la Cassazione non può interferire, anche se un’altra interpretazione dei fatti fosse stata astrattamente possibile.

2. La Necessaria Specificità dei Motivi

Il sesto motivo, relativo al reato associativo, è stato dichiarato inammissibile per “genericità” e “indeterminatezza”. Secondo l’articolo 581 del codice di procedura penale, chi presenta un ricorso deve indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua richiesta. Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a contestare la condanna senza specificare quali elementi della motivazione della Corte d’Appello fossero errati e perché. Questa genericità ha impedito alla Cassazione di comprendere appieno le censure e di esercitare il proprio sindacato, rendendo anche questo motivo inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Evidenzia che un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già respinte in appello. È necessario un approccio tecnico e mirato, focalizzato esclusivamente su eventuali errori di diritto o su palesi e incontrovertibili difetti logici della motivazione. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta di ulteriori spese. La decisione riafferma la funzione nomofilattica della Cassazione, custode della legge e della sua corretta interpretazione, non giudice dei fatti.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella dei giudici di merito. Il suo ruolo è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione, non potendo effettuare una rilettura dei dati probatori.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando è privo dei requisiti di specificità prescritti dalla legge, ovvero quando non indica chiaramente gli elementi che sono alla base della censura. Ciò non consente al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi alla sentenza e di esercitare il proprio controllo.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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