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Ricorso inammissibile: i limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per estorsione. I motivi, basati sulla rivalutazione delle prove (dichiarazioni della persona offesa), sulla mancata concessione delle attenuanti generiche e sull’eccessività della pena, sono stati respinti. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito dei fatti, ma di verificare la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione traccia i confini del proprio giudizio

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini del proprio sindacato, dichiarando un ricorso inammissibile e chiarendo perché non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito. Questa pronuncia offre spunti fondamentali sulla valutazione delle prove, la concessione delle attenuanti generiche e la determinazione della pena, temi cruciali nel diritto processuale penale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di estorsione, previsto dall’art. 629 del codice penale. L’imputato lamentava diversi vizi nella decisione di secondo grado, sperando in un annullamento da parte della Suprema Corte.

I Motivi del Ricorso: una richiesta di riesame nel merito

I motivi presentati dal ricorrente si concentravano su tre aspetti principali, tutti volti a ottenere una riconsiderazione dei fatti già valutati dai giudici di merito:

1. Illogicità della motivazione: L’imputato contestava la valutazione delle dichiarazioni delle persone offese, ritenendole inattendibili e chiedendo di fatto alla Cassazione un nuovo e diverso giudizio sulla rilevanza delle fonti di prova.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, sostenendo che il giudice d’appello non avesse considerato adeguatamente gli elementi a suo favore.
3. Eccessività della pena: Infine, il ricorrente riteneva la sanzione inflitta sproporzionata rispetto alla gravità del fatto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Le motivazioni della Corte sono un compendio dei principi cardine del giudizio di legittimità.

Sul divieto di rivalutazione delle prove

La Corte ha ribadito con forza un principio consolidato: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta nei gradi precedenti. Il suo compito non è decidere se le dichiarazioni della persona offesa siano credibili, ma verificare se il giudice di merito abbia spiegato in modo logico e coerente perché le ha ritenute tali. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da vizi logici. Inoltre, la Corte ha ricordato che le dichiarazioni della persona offesa, se sottoposte a un vaglio rigoroso di credibilità, possono da sole fondare una sentenza di condanna.

Sulle attenuanti generiche e la discrezionalità del giudice

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Suprema Corte ha chiarito che, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che si soffermi sugli elementi ritenuti decisivi per la sua scelta. Tentare di ottenere un diverso bilanciamento di tali elementi in Cassazione costituisce un tentativo di incursione nel merito, non consentito.

Sulla determinazione della pena

Infine, per quanto riguarda l’eccessività della pena, la Corte ha sottolineato che la sua graduazione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Nel caso esaminato, il giudice aveva adeguatamente giustificato la propria decisione facendo riferimento alla ‘particolare offensività della condotta’, assolvendo così al suo onere argomentativo.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un’importante conferma del ruolo e dei limiti della Corte di Cassazione. Trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio, proponendo una diversa lettura dei fatti, porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. La decisione riafferma la distinzione fondamentale tra il giudizio di merito, incentrato sull’accertamento dei fatti, e quello di legittimità, focalizzato sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia serve come monito a strutturare i ricorsi per Cassazione su vizi di legittimità effettivi, evitando censure che invadono la sfera di valutazione riservata ai giudici dei gradi inferiori.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove, come le testimonianze?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza, non riesaminare i fatti.

Il giudice deve spiegare perché ha negato le attenuanti generiche analizzando ogni singolo elemento a favore dell’imputato?
No. Secondo la sentenza, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti per motivare il diniego, senza dover prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti.

La dichiarazione della sola persona offesa può bastare per una condanna?
Sì. L’ordinanza ribadisce il principio secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste da sole a fondamento di una condanna, a condizione che la loro attendibilità sia stata verificata in modo particolarmente penetrante e rigoroso dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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