Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22552 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 12392/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOMECOGNOME nato a Naro il giorno 26/6/1971
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
NOMECOGNOME nato a Licata il giorno 28/10/1998
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 14/11/204 della Corte di Appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che non e stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
lette le conclusioni scritte della parte civile NOME COGNOME trasmesse in data 4/6/2025 con atto a firma dell’avv. NOME COGNOME con le quali si Ł chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, ovvero rigettato, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute per il presente grado di giudizio da porsi a carico dell’Erario stante l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della parte richiedente;
lette le conclusioni scritte della parte civile NOME COGNOME trasmesse in data 5/6/2025 con atto a firma dell’avv. NOME COGNOME con le quali si Ł chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, ovvero rigettato, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute per il presente grado di giudizio da porsi a carico dell’Erario stante l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della parte richiedente.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14 novembre 2024 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza in data 10 maggio 2022 del Tribunale di Agrigento ha:
revocato nei confronti di NOME COGNOME la condizione alla quale era stato sottoposto il
beneficio della sospensione condizionale della pena riguardante il pagamento della somma indicata a titolo di risarcimento del danno entro il termine di due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza;
confermato l’affermazione della penale responsabilità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 493-ter cod. pen. (uso indebito di una carta PostePay Evolution intestata a NOME COGNOME ed utilizzata per l’acquisto di generi di abbigliamento) commesso in Naro tra il giorno 8 maggio 2020 e il giorno 31 agosto 2020;
confermato, altresì, l’affermazione della penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 624 e 61 n. 11 cod. pen. (furto di sei tazze da caffŁ e di un porta candele in cristallo) commesso in data 15 giugno 2020 ai danni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
A NOME COGNOME risulta essere stata contestata ed applicata la circostanza aggravante della recidiva infraquinquennale.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore degli imputati, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 110 e 493-ter cod. pen. in relazione alla ritenuta integrazione del reato contestato.
Evidenza al riguardo la difesa del ricorrente che le fonti di accusa nel caso in esame consistono esclusivamente nelle dichiarazioni delle persone offese costituite parti civili, le quali sarebbero peraltro state portatrici di motivi di contrasto nei confronti di NOME COGNOME in relazione alla mancata corresponsione allo stesso del corrispettivo per i lavori che quest’ultimo aveva compiuto presso l’abitazione delle stesse persone offese.
L’indicata situazione – sostiene la difesa degli imputati – inciderebbe sulla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese, valutazione che non sarebbe stata correttamente operata dai Giudici di merito i quali avrebbero sottovalutato e comunque omesso di rispondere alle doglianze difensive agli stessi sottoposte con l’atto di gravame.
In particolar modo, la difesa degli imputati aveva sostenuto che, poichØ le persone offese non erano in grado di pagare direttamente e in un’unica soluzione il correspettivo dei lavori al Fede, avevano consegnato all’imputato la carta PostePay affinchØ questi acquistasse per loro conto un videocitofono e, poi, lo avevano autorizzato a fare acquisti di modico importo e comunque dilazionati nel tempo.
La Corte di appello avrebbe quindi errato e, comunque, adottato una motivazione manifestamente illogica nel non ritenere attendibile la predetta tesi difensiva.
2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 624 e 61 n. 11 cod. pen. e 192 cod. proc. pen. in relazione al contestato reato di furto aggravato contestato al solo NOME COGNOME
Evidenza la difesa del ricorrente che nel caso in esame non esiste alcun riscontro alle dichiarazioni delle persone offese e che non sarebbero neppure state adeguatamente vagliate le dichiarazioni dei testi della difesa che avevano riferito in ordine alla circostanza che l”imputato non era mai rimasto da solo presso l’abitazione dei Manna/Bonanno e tantomeno aveva avuto la disponibilità delle relative chiavi di accesso.
L’inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese sarebbe anche legata al valore dei beni asseritamente sottratti indicato in 2.000,00 euro, mentre il valore reale sarebbe di poche decine di euro.
La sentenza impugnata sarebbe quindi, secondo la difesa dei ricorrenti, viziata in ordine alla valutazione delle prove dichiarative ed alla attendibilità delle stesse, oltre che per la carenza di riscontri al dichiarato delle persone offese.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento del danno.
Osserva, al riguardo, la difesa del ricorrente NOME COGNOME che:
la Corte di appello ha omesso di motivare sulla conferma del termine originariamente stabilito dal Tribunale limitandosi ad un acritico recepimento della statuizione del Tribunale;
sebbene l’imputato non abbia fornito elementi specifici per consentire una valutazione delle proprie disponibilità economiche, la Corte di appello avrebbe comunque dovuto motivare sulla conferma del termine originario valutandone la congruità.
2.4. In data 4 giugno 2025 ed in data 5 giugno 2025 sono pervenute per via telematica a questa Corte le conclusioni scritte formulate rispettivamente nell’interesse delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME del contenuto delle quali – si osserva fin da subito – non si terrà conto in quanto pervenute oltre il termine di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso, che appaiono meritevoli di trattazione congiunta, sono entrambi manifestamente infondati.
Deve, innanzitutto, evidenziarsi che nel caso in esame, salvo per quanto riguarda la questione relativa al termine indicato per il risarcimento del danno al fine di poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, le sentenze del Tribunale e della Corte di appello, in relazione all’affermazione della penale responsabilità degli imputati in ordine ai reati agli stessi rispettivamente ascritti, costituiscono una c.d. ‘doppia conforme’ con la conseguenza che si rende applicabile il principio secondo il quale «Ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione» (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Ciò doverosamente premesso, va detto subito che la sentenza impugnata (in uno con quella del Tribunale) risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente. Inoltre, detta motivazione, non Ł certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria.
I Giudici del merito risultano avere preso in considerazione le opposte ricostruzioni dei fatti (anche alla luce delle contrastanti versioni tra le dichiarazioni delle persone offese e quelle degli imputati e dei testimoni della difesa) ed hanno debitamente spiegato (il Tribunale addirittura in modo estremamente analitico) le ragioni per le quali la versione accusatoria Ł da ritenersi prevalente rispetto a quella difensiva, così operando anche una motivata e positiva valutazione del narrato delle persone offese.
Per contro, osserva il Collegio che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio in relazione ad entrambi i reati oggetto di contestazione, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
Inoltre, deve evidenziarsi che nel caso in esame la difesa dei ricorrenti propone una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di merito, ma, in materia di ricorso per Cassazione, perchØ sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett. e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (cfr. con riferimento a massime di esperienza alternative, Sez. 1, n. 13528 del 11/11/1998, COGNOME, Rv. 212054) dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioŁ desunti dai dati acquisiti al processo, e non ad elementi meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260409).
Del resto in tema di vizi della motivazione, il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nØ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Moro, Rv. 215745; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Modesto, Rv. 196955), ciò perchØ la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa Ł indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.
Infine, deve ricordarsi che «In tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni» (Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, COGNOME, Rv. 257241), vizio certamente non sussistente nel caso in esame.
Manifestamente infondato e sotto certi profili inammissibile per mancata deduzione in sede di appello Ł, infine, anche il terzo motivo di ricorso.
Deve, anche in questo caso essere ricordato, che la problematica denunciata afferisce alla sola posizione dell’imputato NOME COGNOME in quanto la Corte di appello ha escluso per il coimputato l’applicazione del termine per il risarcimento del danno (quantificato in via equitativa) al fine di beneficiare della sospensione condizionale della pena.
La Corte di appello risulta avere adeguatamente motivato circa la mancata eliminazione di tale condizione nei confronti di NOME COGNOME evidenziando che lo stesso risulta gravato di un
precedente per il quale ha già beneficiato della sospensione della pena di guisa che la stessa, per essere nuovamente concessa, deve essere necessariamente subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti dalla normativa.
Detta motivazione risulta, come detto, adeguata sol che si tenga conto, da un lato, dell’obbligatorietà di quanto stabilito e, dall’altro, della circostanza – ammessa dalla stessa difesa del ricorrente – che l’imputato non risulta avere fornito elementi specifici per consentire una valutazione delle proprie disponibilità economiche, con la conseguenza che non Ł dato comprendere quale ulteriore elemento (a dir del vero neppure indicato dalla difesa) avrebbe dovuto valutare.
A ciò si aggiunge che la difesa del ricorrente in questa sede di legittimità si duole della carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ‘conferma del termine originariamente stabilito dal Tribunale’ (v. pag. 9 del ricorso) per il risarcimento del danno al quale Ł stata subordinata la sospensione condizionale della pena, mentre in sede di appello (v. pagg. 6 e 7 del relativo atto) aveva sottolineato il diverso problema della carenza di motivazione circa la valutazione delle condizioni economiche dell’imputato, così di fatto introducendo in sede di legittimità un motivo di impugnazione non dedotto in sede di appello il che ex sØ può condurre alla ricorrenza della condizione di inammissibilità dell’imputazione di cui all’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, quanto a ciascuno di essi, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Non possono, infine, essere accolte le richieste di liquidazione delle spese per il presente grado di giudizio avanzate nell’interesse delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto pervenute a questa Corte oltre il termine di cui all’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta le richieste di liquidazione delle spese delle parti civili NOME COGNOME e COGNOME Angela.
Così Ł deciso, 06/06/2025 Il Consigliere estensore NOME
Il Presidente
NOME COGNOME