Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Riesamina i Fatti
Quando si impugna una sentenza, è fondamentale comprendere i limiti e le funzioni di ogni grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga rigettato quando tenta di forzare i confini del giudizio di legittimità. Il caso analizzato riguarda una condanna per il reato di danneggiamento e mette in luce perché non è possibile chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove o di riconsiderare questioni già decise in appello.
Il Caso in Esame: Dal Danneggiamento al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna per il reato di danneggiamento emessa dalla Corte d’appello. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla sua dichiarata responsabilità penale.
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
3. La mancata applicazione di una specifica attenuante.
In sostanza, la difesa ha cercato di rimettere in discussione l’intera ricostruzione dei fatti e le valutazioni giuridiche che avevano portato alla condanna nei gradi di merito.
La Decisione della Suprema Corte: Un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dalla difesa non erano formulati in modo corretto per un giudizio di legittimità. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: I Limiti del Giudizio e il Principio del Ricorso Inammissibile
Le motivazioni della Corte sono un’importante lezione sul ruolo della Cassazione nel nostro ordinamento. La Suprema Corte non è un “terzo giudice” del fatto, ma un giudice della legge. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di ricostruire nuovamente la vicenda processuale.
Il Divieto di Rivalutare le Prove
Con riferimento al primo motivo, i giudici hanno sottolineato che la difesa, pur lamentando formalmente una violazione di legge, stava in realtà contestando la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello. Si tentava di contrapporre una diversa lettura dei dati processuali e una differente ricostruzione dei fatti. Questa operazione è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito. Come ribadito da consolidata giurisprudenza, il perimetro cognitivo della Corte esclude una nuova ponderazione delle risultanze acquisite.
La Reiterazione delle Censure d’Appello
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo (tenuità del fatto e attenuanti), la Corte ha rilevato che si trattava di una mera riproposizione di doglianze già presentate e motivatamente respinte dalla Corte d’appello. La sentenza impugnata aveva già fornito argomentazioni logiche e ineccepibili per rigettare tali richieste. Proporre nuovamente gli stessi identici argomenti in Cassazione, senza individuare un vizio specifico nella motivazione del giudice precedente, rende il ricorso un tentativo di ottenere un riesame non consentito, e pertanto lo rende inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione deve essere mirato a denunciare vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o palesi illogicità nella motivazione) e non può mai trasformarsi in un appello mascherato. Per la difesa, ciò significa che l’atto di impugnazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, evitando di riproporre le stesse argomentazioni fattuali dei gradi precedenti e concentrandosi invece sull’individuazione di specifici errori di diritto commessi dal giudice d’appello. In caso contrario, il rischio concreto è una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. In particolare, la difesa cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività riservata ai giudici di merito, e reiterava censure già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’appello.
Cosa significa che la Cassazione non può effettuare una nuova ‘valutazione probatoria’?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove del processo (come testimonianze o documenti) per decidere se i fatti si sono svolti in un modo piuttosto che in un altro. Il suo compito è solo verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e non contraddittorio, basandosi sulle prove raccolte.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello è diventata definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31198 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Marocco il 05/01/1984
avverso la sentenza del 27/11/2024 della Corte d’appello di Milano
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla dichiarazione di responsabilità penale per il reato di danneggiamento ascritto in capo all’odierno ricorrente, non è formulato in termini consentiti dalla legge in sede di legittimità, poiché la difesa, reiterando profili di censura già prospettati in appello, finisce per contestare il decisum in relazione alla valutazione probatoria sottesa, rimanendo invece estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure essa logica, dei dati processuali o una differente ricostruzione dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti probatorie (così: Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217. In senso conforme, ex plurimis: Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099);
reputato che il secondo e il terzo motivo di ricorso, volti, rispettivamente, a contestare il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4), cod. pen., non sono consentiti in sede di legittimità avendo la difesa formulato doglianze meramente reiterative di profili di censura già motivatamente respinti in appello ed avendo, altresì, la sentenza impugnata (si vedano, in particolare, le pagg. 5 e 6) posto a base del rigetto delle richieste della difesa argomentazioni logiche e ineccepibili;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.